Cazzo.
Tette. Culo. Figa.L’avvento
in ItaGlia della tv commerciale, trent’anni fa. Dai primi spogliarelli caserecci
a colpo grosso, passando per drive in per finire al Billionaire. In mezzo la
discesa in campo e l’inevitabile ascesa del “Presidente”, con interviste alla
sua vicina di casa in Sardegna, che si è inventata fotografa, a Lele Mora, uno
con la faccia da satiro rincoglionito che pare si rammarichi del fatto che
Silvio non è all’altezza di Benito, mentre, orgoglione, fa ascoltare tutta
“faccetta nera” sul suo cellulare. Poi c’è Fabrizio Corona, che, contando
banconote da 500€ sdraiato seminudo sul letto, spiega la sua personale teoria da
novello Robin Hood: rubare ai ricchi per dare a sé stesso. Tutto questo visto
attraverso gli occhi di Ricky, operaio bresciano che “fa” il pubblico ma che
aspira, come tanti, come troppi, a diventare famoso pur non avendo nessuna
qualità artistica, nonostante lui creda di essere un incrocio fra Ricky Martin e
Van Damme (!) (infatti non a caso, quando scorrono i titoli di coda, il suo nome
appare nel ruolo di “wannabe”. Appunto.). Fra aspiranti veline che vogliono
sposare calciatori, tronisti rintronati e massaie che cantano
“menomalechesilviocè”.
Cazzo. Tette. Culo. Figa.
Ho visto un film dell’orrore.
Cazzo. Tette. Culo. Figa.
Ho visto un film dell’orrore.
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