Visto che mi è stato chiesto di parlare di questo film, che non si dica poi in giro che non accontento i miei fedeli lettori, eh?
Scherzi a parte devo ringraziare Salvatore Baingiu per avermelo chiesto, dato che quest'anno le mie cronache dal TFF hanno lasciato alquanto a desiderare.
E quindi, eccoci qua, con questo film svedese diretto da Ruben Östlund, che per me è - manco a dirlo - un emerito sconosciuto, che ha raccolto un po' di premi e nomination in giro, a partire dal premio della giuria nella sezione Un certain regard a Cannes, per finire con la nomination come miglior film straniero all'ultima edizione dei Golden Globe, dove però ha vinto il russo Leviathan.
A parte non capire il motivo per cui un film che originariamente si intitola "Force Majeure" debba tramutarsi in Turist nella sua versione per il mercato internazionale, che poi magari la gente rischia di confondersi con quell'obbrobrio con Johnny Depp e Angelina Jolie, non oso pensare all'eventuale titolo italiano, da un innocuo "la settimana bianca", ma poi qualcuno potrebbe pensare all'adattamento cinematografico del romanzo di Emmanuel Carrère (no, eh?) a un terribile "vacanze sulla neve", passando da "lassù sulle montagne" per finire con "la valanga assassina".
Ma, siccome al momento non mi pare sia prevista un'uscita italiana, direi che non è il caso di preoccuparsi.
Se, al contrario di me, amate paesaggi alpini e vette innevate, adorerete il fantastico scenario naturale nel cuore delle Alpi francesi in cui il film è ambientato. Per la precisione si tratta della stazione sciistica di Les Arcs, situata nella Vallée de la Tarentaise, in Savoia.
Ma vediamo di arrivare al film.
Abbiamo una bella famiglia svedese, composta da moglie (Ebba) marito (Tomas) figlio (Harry) e figlia (Vera) (e qua volevo ringraziare personalmente il regista per non averci fornito l'ennesima coppia di ragazzini molesti) in vacanza nella ridente località sopra descritta.
Mentre sullo schermo lo scorrere del tempo è scandito dai giorni che passano, la nostra famiglia perfetta fa ovviamente tutto quello che bisogna fare durante una settimana bianca: sciano, fanno foto di gruppo sulla neve, sciano, mangiano, sciano, dormono, sciano, ecc.
Ovviamente parlo per sentito dire. L'unica settimana bianca a cui ho partecipato nella mia vita l'ho passata in camera a leggere (sette libri in sette giorni), mentre il mio fidanzato dell'epoca giustamente sciava. Mi sono rotta i coglioni in maniera fotonica ripromessa di non ripetere più l'esperienza, ma questo è un altro discorso.
Il silenzio della montagna è rotto soltanto dalle esplosioni dei cannoni che controllano le valanghe, fino al giorno in cui, mentre stanno pranzando nella veranda del lussuoso hotel che li ospita, una di queste valanghe controllate perde un po' il controllo, e sembra che stia per abbattersi proprio sulla veranda.
Attimi di terrore in cui il bianco copre ogni cosa e si sa, alla paura ognuno reagisce in modo diverso e imprevedibile, che sia egoismo, paura, o istinto di sopravvivenza: mentre Ebba rimane con i figli, Tomas fugge (con il cellulare. E i guanti), per ricomparire quando - passato lo spavento generale - tutto torna alla normalità.
Normalità per modo di dire, in quanto, nonostante non si sia fatto male nessuno, Ebba trova imperdonabile la reazione di Tomas, e non perderà occasione per rinfacciarglielo, mentre lui - che nega di essere scappato - non si capisce se perché convinto di non aver fatto nulla di male o se perché tormentato dal senso di colpa, si trincera in un inspiegabile mutismo, che porta la coppia sull'orlo di una crisi in cui la codardia di Tomas innesca una reazione a catena, che, come una valanga, finisce per travolgere tutto e tutti.
Östlund però riesce a trattare l'argomento, che è serio, con una squisita leggerezza, e, nonostante si assista al progressivo disfacimento degli equilibri familiari, riesce a stemperare il dramma che sembra sempre in agguato, con momenti di inaspettata e pungente ironia, in cui la risata quando arriva, ha un effetto davvero liberatorio.