24 ago 2020

Di pandemie e altre cose che (non) sono successe in questi ultimi mesi


Non mi posso distrarre un attimo che Blogger rivoluziona tutte cose. 
Di cui, sia chiaro, facevo volentieri a meno.

Come state?
Non giriamoci troppo attorno. Questo 2020 vince a mani basse il premio per l'anno più di merda evah.
Sia chiaro, io sto bene, ho ancora il mio lavoro (e ho scoperto che lo smart working mi piace davvero parecchio), nessuna delle persone a cui voglio bene si è ammalata, anzi, non si è ammalato proprio nessuno che io conosca, compresi quelli che mi stanno sul culo, e direi che tutto sommato va bene così.
Quando questa cosa è iniziata io me ne stavo, ignara e felice, a Berlino. Le notizie che mi arrivavano dall'Italia erano, più o meno, "compra l'Amuchinaaaaaaaa". Ovviamente la mia reazione, in una città in cui nemmeno gli orientali che - come me - prendevano parte alla Berlinale indossavano la mascherina, si poteva riassumere in "ma sticazzi dell'Amuchina", e finita lì. Poi sono rientrata in Italia, in aeroporto all'arrivo mi hanno misurato la temperatura e sono tornata in ufficio, dove, più o meno fino a metà marzo, ho continuato la mia vita quasi come niente fosse, nonostante le notizie che arrivavano fossero sempre meno divertenti. Il resto è storia (recente). Le prime zone rosse in Italia, poi l'immensa zona arancione, poi l'OMS ha decretato "E' pandemia". 
Io non guardo i film catastrofici, appunto perché sono catastrofici, quindi immaginatevi come fossi rilassata all'idea di vivere in una pandemia. 
Non  ho mai avuto paura di ammalarmi, non perché io pensi di essere immortale o cose del genere, semplicemente l'idea di contrarre il virus non mi ha mai spaventato, non saprei  nemmeno spiegare perché. Questo non significa che io me ne sia fregata delle regole. Tutt'altro. Ancora oggi esco di casa il minimo indispensabile, le mani, a differenza di molti, me le lavavo anche prima, quando esco metto la mascherina, ed evito la gente. Cosa che bene  o male ho sempre fatto, quindi non è che la cosa mi turbi molto, anzi, non per vantarmi, ma sono abbastanza bravina.
A tal proposito leggo di gente che critica lo smart working (o lavoro agile, come preferite) perché ti impedirebbe di socializzare. Mettiamo subito le cose in chiaro. Io non ho la necessità di socializzare con i miei colleghi. Io i miei colleghi li tollero perché sono costretta a farlo. Punto,
Ho avuto del tempo libero, tra ferie più o meno obbligate, cassa integrazione e quant'altro, e l'ho impiegato facendo... una beata mazza. Non ho contribuito ad esaurire le scorte di lievito, uova, farina etc. Non ho guardato molti film, non mi sono messa a correre o fare zumba via skype, né sono stata colta da particolari impulsi creativi. Insomma, non ho combinato niente.
In compenso c'è voluto il lockdown per farmi entrare nel magico mondo delle videochiamate, che ovviamente non avevo MAI preso in considerazione. Invece, tra chiamate nazionali ed internazionali via whatsapp e aperitivi con le amiche su Zoom, la videochiamata è quasi entrata a far parte della quotidianità. Quando mi ha videochiamato anche il mio capo ho capito che la cosa era un po' sfuggita di mano a tutti.
Ho letto - soprattutto all'inizio - di molti che sostenevano che questa cosa "ci avrebbe reso migliori". Ma io sono sempre stata scettica al proposito. Non mi è chiaro perché un virus che ci lascerà in ginocchio - sempre parlandone da vivi - dovrebbe farci diventare più bravi e farci capire quali sono le cose che contano "veramente".  Magari per un paio di settimane, poi torneremo tutti a essere quelli di prima, e a comportarci nello stesso identico modo. Se non peggio. 
Chi mi segue su Facebook sa che l'unica cosa che mi manca davvero è - pensa un po' l'originalità - poter viaggiare.
Avrei dovuto partire il 1° maggio. Ovviamente non sono andata da nessuna parte, né so quando potrò farlo. Ho poche speranze di poter partire entro la fine del 2020, anche se, sotto sotto, un po' ci spero.
Quindi, per farmi del male, ho fatto una piccola lista di cose che vorrei fare-vedere e posti dove vorrei andare prima di morire, in ordine casuale.
  • vedere un caracal
  • fare un giro in barca sul lago Kariba
  • vedere la parte di Australia che mi manca
  • riuscire a partire per il Sudafrica, dove avrei dovuto appunto andare il 1° maggio
  • vedere il Salar de Uyuni
  • tornare a New York
  • andare a Shangai
  • riabbracciare E.M.
Nel frattempo è finito il lockdown, il lievito è probabilmente tornato al suo posto sugli scaffali dei supermercati. le cose non è che vadano proprio benissimo (tu pensah) e, com'è. come non è, sta finendo anche agosto. Tra un po' la città si ripopolerà di tutta la gente che moriva di fame, ma che è comunque andata in ferie. Io sono tornata al cinema, con moderazione, sono andata a cena fuori, con moderazione, ho compiuto gli anni (anche quest'anno), ho bevuto  birra, con moderazione,  sono andata sul Monte Bianco, ho passato serate divertenti in compagnia di Simona, giocando a carte  e a Jenga, e tra un po' partirò per la mia vacanza (italiana). 
Non so cosa ci riserverà questo autunno, né tantomeno l'inverno, ma sono anni che ho imparato che fare programmi a lunga scadenza non serve ad una beata fonchia, e credo che, come sempre, me ne preoccuperò quando sarà il momento. Non sono propriamente ottimista, perché ho ampiamente sottostimato il numero di teste di minchia che popolano questo paese.