Giornata impegnativa, mi aspettano 4 film.
Si inizia alle 14.00 con un film indonesiano, “The raid”. Ricevo un sms dalla Tiz che mi dice che il film non l’ha entusiasmata. Troppo kung fu, troppi combattimenti, troppi uuuuuuh aaaaaaaaah oooooooooh e via andare. Non mi faccio intimorire e alle 12.40 abbandono l’ufficio per recarmi alla più vicina stazione della metropolitana. Scendo a Porta Nuova, pranzo con un gelato di Grom (il gusto del mese è meringata ai marron glacé, vuoi mettere? ci aggiungo anche la panna montata, che non si sa mai che i trigliceridi si sentano trascurati e il gioco è fatto). Mi avvio verso il Reposi, dove da lì a poco compare il dottor Piazza, e entriamo in sala.
Prendiamo posto in piccionaia, e il film inizia, con Rama, il protagonista, che si allena in casa, addominali-flessioni-sacco, prima di recarsi al lavoro, bacia la moglie incinta e se ne va.
Lo ritroviamo dopo poco con la sua squadra di SWAT, pronto ad entrare in azione. La missione (suicida) è quella di entrare in un condominio (che al confronto il block londinese di Attack the block sembra Park Avenue) che è il quartier generale di Tama, incontrastato boss della città. La squadra riesce ad entrare, ma, essendo il palazzo interamente controllato da telecamere, nonché abitato da malavitosi legati a Tama, difficilmente riuscirà ad uscire. Mettici anche che la missione è guidata da un capitano corrotto, e fai in fretta a capire come andrà a finire. Ma. L’istinto di sopravvivenza è duro a morire e il giovane Rama, in un tripudio di combattimenti da far scattare l’applauso in sala per ben due volte riuscirà a portare a termine la missione. Claustrofobico, sanguinolento ed adrenalinico. Assolutamente entusiasmante.
Usciamo, io soddisfatta, il dottor Piazza un po’ meno (ma lui è molto più snob e intellettuale di me, c’è poco da fare) e incontriamo la tiz-sorella. Riprendiamo posto in sala, per la visione di “Either Way” un film islandese di un regista impronunciabile (Hafsteinn Gunnar Sigurðsson) che ci fa sapere che possiamo tranquillamente chiamarlo solo per nome, Gunnar. Non che sia necessario chiamarlo, fra l’altro. La vicenda, ambientata negli anni 80, si svolge lungo una desolata strada islandese, con i due protagonisti impegnati a dipingere la segnaletica orizzontale. Il più anziano è il cognato del ragazzo, e lo ha preso a lavorare con sé per fare un piacere alla sorella, nonostante lo consideri un inetto totale. E il rapporto inizialmente superficiale fra i due, che non hanno nulla in comune, si consolida fra diversità e contrasti, in un modo o nell’altro…
Usciamo dal cinema, il Dottor Piazza va a vedere Vergiss dein ende, mentre io e la tiz-sorella, raggiunte dalla Tiz, ci mettiamo in coda per “A little closer”. Anzi, io prima vado a farmi una dose di caffeina. Col senno di poi, andarsi a mangiare una pizza sarebbe stato meglio. Per un non ben precisato problema tecnico il film, invece che alle 19.00 inizia alle 20.00 passate. La cosa buona è che dura “appena” 72 minuti. Tutti inutili. Vi copio-incollo la sinossi, perchè io non saprei davvero cosa dire. Infatti, ai due intervistatori che mi intercettano all’uscita chiedendomi qual è la scena migliore, sono riuscita a dire “non ce n’è una”: Sheryl, una giovane donna che vive con i due figli Marc e Stephen in una zona rurale della Virginia, cerca di trovare un equilibrio tra il suo lavoro come governante e il suo impegno di madre. Ma ciò che le manca davvero è l’amore di un uomo che possa anche essere un buon padre per i ragazzi; Marc, a quindici anni, sta infatti attraversando il momento critico che precede la perdita della verginità, mentre Stephen, minore di qualche anno, sta scoprendo i primi istinti sessuali e si invaghisce di un’insegnante. Ci rimettiamo in coda. L’ultimo film della sera è “Ghosted”, interamente ambientato in un carcere inglese. Incentrato su Jack, detenuto modello a cui mancano tre mesi alla scarcerazione, lacerato dai rimpianti. Il figlio è morto e la moglie l’ha lasciato. La sua vita non ha più nessun senso. Quando in carcere arriva il giovane Paul, che viene subito adocchiato da Clay, Jack decide di proteggerlo anche a rischio della sua stessa vita, fino a quando scoprirà che il ragazzo non è stato del tutto sincero con lui. Crudo e toccante.