23 dic 2010

नया साल मुबारक हो!

yesterday

Mi sono svegliata un po’ prima del suono della sveglia, come tutte le mattine. Ho aspettato che la sveglia suonasse per alzarmi. Ho dato da mangiare al gatto, ho preparato la colazione alla poison.mamma, ho aperto la porta.
Porca puttana, la neve.
Ho bevuto il caffè, sono scesa in garage, ho tolto le infradito e mi sono infilata gli stivali, ho aperto il portone, ho impugnato la pala e... mi sono accesa una sigaretta.
Poi ho iniziato a spalare.
Per fortuna non è stata una nevicata seria, e in 10 minuti avevo finito.
Mi sono liberata della pala e degli stivali e sono risalita in casa.
Ho chiamato il medico, mi ha confermato la disponibilità del letto in reparto e verso le 9.30 siamo partite.
Mentre eravamo nella sala d’attesa ad attendere (appunto) che i medici compilassero i documenti per il ricovero abbiamo avuto modo di conoscere alcuni pazienti: un ragazzo dalla faccia triste, che si lamentava del fatto che, una volta uscito da lì, sarebbe andato in carcere, e mia mamma che mi guarda e mi dice “Andiamo bene!”, un signore che si lamentava del fatto che la televisione non funzionava ma che lui non toccava nulla, e che avrebbe dovuto esserci suo nipote, che i giovani d’oggi sono in gamba. Poi mi guarda un po’ colpevole e mi dice: “Non sto dicendo che lei sia vecchia”... “ah, volevo ben dire!” gli rispondo io.
Poi arriva un terzo, dallo sguardo torvissimo, si siede e mi chiede “Signorina, posso farla ridere?”
Cassiopea, e mo’ che gli dico? Che se me l’avesse chiesto qualcuno che conosco gli avrei risposto “Stai per spogliarti?” ma questo è un paziente di un reparto psichiatrico. Che ne so che è li dentro per aver accoltellato l’ultimo che non ha riso ad una sua barzelletta? Quindi sorrido e gli dico “Certo!”
E lui attacca con: “Qual è la città più lunga del mondo?”
“... non lo so...”
“Ventimiglia” e poi è partito con il campione tedesco di nuoto (Otto Vaske), il saltatore in lungo arabo (Dalì Alà) ecc.ecc. Poi per fortuna hanno dato il letto a mia mamma.

20 dic 2010

i miei meravigliosi colleghi

Interno ufficio della poison.
Ella è magicamente sola, in quanto collega A è in ferie e collega G in pausa sigaretta.
Mentre sta preparando delle nuove richieste per degli allacciamenti elettrici, entra trafelata collega R.
Collega R è sempre trafelata, come se il suo lavoro consistesse nel salvare vite umane da morte certa. Ovviamente qua dentro nessuno salva vite umane, ma credo sia superfluo specificarlo.
Mi si piazza davanti e mi chiede: “Abbiamo del pluriball?”
Oltre a non salvare vite umane, un’altra delle cose che qua NON facciamo è spedire alcunché che non siano documenti cartacei, che quindi NON necessitano di particolari cure nell’imballaggio. Ergo, del pluriball non ce ne facciamo una sega.
“Certo che no, R., perchè dovremmo?”
“Ah, non so. Ma secondo te i fattorini ce l’hanno?”
“Non ne ho idea, ma immagino di no: perchè dovrebbero?”
“...” attimo di silenzio da parte di R. che, evidentemente non soddisfatta dalla mia risposta, insiste: “Ma sai cos’è il pluriball?”
Poison, avendo a che fare con l’umore ballerino della poison-mamma, negli anni ha sviluppato una calma zen da far invidia al Mahatma Gandhi, quindi – senza fare un plissé – ha sollevato lo sguardo su collega R. e le ha detto “certo che lo so, altrimenti alla tua prima domanda non avrei risposto “NO”, ma ti avrei chiesto “che cos’è?”, non credi?”
“Ah, già. Giusto. Quindi non ne abbiamo?”
Secondo me anche a Gandhi, ogni tanto, scappava un vaffanculo.

17 dic 2010

cenette

Una settimana di ferie.
Torni in ufficio e – nonostante il “fuori sede” attivato ti ritrovi 298 e.mail. Dopo aver eliminato quelle assolutamente inutili te ne restano una quarantina.
Una di queste dice: “giovedì 16 ore 21.30 cenetta pre-natalizia all’Otium. Per chi vuole alle 20.30 aperitivo a Le Borreau Bourré”
Non conosco l’Otium, e, sempre per il fatto che sono curiosa come una bertuccia, accetto. Anche perchè i destinatari dell’e.mail sono colleghi che non ho problemi a frequentare anche oltre l’orario di lavoro, mio capo compreso.
Mi chiedo come ingannerò il tempo fino alle 20.30, ma sono certa che troverò una soluzione.
Ieri sera esco dalla palestra con tutta calma, e, in totale emergenza, mi fiondo nella profumeria di fronte, perchè avevo dimenticato il burro-cacao sulla scrivania dell’ufficio.
Esco con il mio labello nuovo e – in un freddo che definire polare è riduttivo – mi dirigo alla macchina. Raggiungo il quadrilatero, parcheggio senza problemi e sono riuscita a far arrivare le 19.35. Ho praticamente un’ora a mia disposizione. Che, se fosse luglio, sarebbe un altro discorso. Ma siamo a dicembre. E, incredibilmente, fa freddo. Tanto freddo. Un freddo porco.
Per fortuna in zona alcuni negozi prolungano l’orario d’apertura oltre le 19.30, e ne approfitto per buttare un occhio. Oltre che per riscaldarmi le chiappe semiassiderate.
Riesco anche a far divertire un po’ la carta di credito, che – poverina - non usavo da ben 3 giorni. Arrivo al locale dell’aperitivo. Mi guardo attorno, non c’è ancora nessuno. Onde evitare di trasformarmi in una statua di ghiaccio entro. A breve arrivano anche A, G, M, e A.
Dopo l’esperienza del caco-mela (o vaniglia che dir si voglia) a pranzo sono aperta a tutto, e, avendo ordinato un Baileys, decido di accompagnarlo con un crostino con le acciughe al verde. Alquanto discutibile? Sì, in effetti…
Ci spostiamo poi al ristorante, dove scopro che ‘sto cazzo di Otium altro non è che il Sibiriaki (Cибиpckий per i sofisti), locale di cucina russa e siberiana, dove la specialità consiste nel “sibir” ovvero diversi tagli di carne e verdure che verranno cotte sulla piastra al momento a cui aggiungere salse e spezie a piacere, con contorno di riso nero e basmati. M.P.S. (Mai Più Senza)
Se sulla mail avessero scritto Sibiriaki invece che Otium probabilmente avrei suggerito un locale alternativo, visto che a me il posto non piace particolarmente.
E va bene che il locale è siberiano, ma porca di quella puttana ibernata, lo volete accendere il riscaldamento?

16 dic 2010

pausa pranzo

Nonostante io sembri un donnino morigerato e tutto d’un pezzo (un monolite, in pratica) sono curiosa come una scimmia urlatrice.
E così ieri, sentendo le mie colleghe disquisire sulla piacevole bontà di cachi mela e cachi vaniglia, sono caduta dal pero. Anzi, dal caco.
E ho chiesto se per caso i cachi-mela o cachi-vaniglia fossero quei frutti dall’aspetto di un caco acerbissimo da cui io mi sono sempre tenuta alla larga, pensando appunto che fossero nient’altro che cachi acerbissimi.
Mi è stato risposto che si trattava proprio di essi, e che non erano acerbi, ma che avevano il gusto del caco e la consistenza di una mela.
Ordunque, a me il caco caco piace da sempre, oltre che per il suo sapore, proprio per la sua consistenza particolare, e soprattutto per quelle linguette viscide che spesso racchiudono i semi, ma spesso sono solo linguette viscide, e mi piace farmele scivolare sul palato e accarezzarle con la lingua. Se state pensando che ho uno strano approccio col cibo non starò certo qui a perdere tempo tentando di farvi cambiare idea.
Così oggi decido di allargare i miei orizzonti e, siccome giusto la settimana scorsa ho rivalutato i lychees, mi sento pronta per il caco vaniglia.
Che dire? Se prendi in mano un frutto che ha tutta l’aria di essere acerbo, come cazzo fai a stabilire se è giunto al giusto grado di maturazione? Speri che ti vada di culo.
Siccome io sto alla fortuna come Ilona Staller alla verginità, qualcosa non ha funzionato: ho mangiato il mio primo caco vaniglia.
Non aveva il sapore di un caco, né la consistenza di una mela.
In compenso lappava come solo un vero caco sa fare.
E a me sembra di aver passato l’ultima mezz’ora a leccare la lettiera del gatto.

1 dic 2010

The Bang Bang Club


Signori, che gran film! 
Se dovesse uscire nelle sale italiane, cercate di andarlo a vedere.“Bang bang club” era il nome con cui venivano identificati 4 fotografi (Kevin Carter, Greg Marinovich, Ken Oosterbroek, João Silva) attivi in Sudafrica dall’inizio degli anni 90 (dalla fine dell’apartheid alle prime elezioni democratiche del 1994 che portarono alla vittoria l’ANC di Nelson Mandela) che, con il loro lavoro documentarono gli scontri etnici tra gli Zulu del partito Inkatha e gli Xhosa dell’African National Congress, che provocarono più di 20.000 morti in quattro anni, fra cui lo stesso Ken Oosterbroek, ucciso durante una sparatoria nella township di Thokoza. Lo stesso giorno anche Marinovich rimase ferito.Marinovich e Carter vinsero il premio Pulitzer (vedi foto), ma questo non evitò a Carter di suicidarsi, appena due mesi dopo aver vinto il premio. Era il maggio del 1994. Ken era morto in aprile, e nel suo messaggio di addio, Kevin scrisse che, se fosse stato fortunato, avrebbe raggiunto Ken. Un mese fa João Silva ha perso entrambe le gambe in seguito all’esplosione di una mina in Afghanistan.