Potendo scegliere se vedere il film serbo martedì sera o mercoledì pomeriggio, abbiamo optato per la sera, in modo da riuscire ad assistere anche alla consegna del premio Dorian Gray a Luciana Littizzetto. Metti mai che il giorno dopo, che è festa, si organizzi qualcosa, e un film a metà pomeriggio ti rovina un po’ ogni programma eventuale. Infatti ieri non ho fatto un’emerita minc ehm, non ho fatto nulla.
In ogni modo il film è delizioso.
A partire dalla sigla iniziale, in cui vengono descritti alcuni termini offensivi con cui ogni etnia chiama gli appartenenti alle etnie differenti, "Chetnik", "Balija", "Shiptar" per finire con “peder”, che credo corrisponda, in buona sostanza, al nostro “frocio”, e, come ci spiega la didascalia, viene usato indistintamente da serbi, macedoni, kossovari e croati… e da lì parte il racconto di come un ex militare/criminale omofobo, in seguito al fortuito incontro con con un veterinario gay, accetti di far parte del servizio di sorveglianza a protezione del gay pride che uno sparuto gruppo di militanti sta cercando di organizzare a Belgrado. Nonostante tratti il delicato tema dei diritti degli omosessuali in Serbia, non è un film tirato e noioso. Anzi. Esilarante e sprezzante, si ride parecchio. Di gusto. Un po’ meno verso il finale, ad essere sinceri.
Applauditissimo.
(Infatti, dopo aver vinto il premio del pubblico all'ultimo festival di Berlino, l'ha vinto anche al GLBT TFF).