«sono come un pittore che continua
a dipingere la stessa rosa all’infinito»
Siccome Viaggio a Tokyo mi è tanto piaciuto, approfittando del proseguimento della programmazione dei film di Yasujirō Ozu al cinema Romano, abbiamo recuperato un'altra manciata di titoli del regista giapponese, e alla fine, un po' perché le tematiche sono ricorrenti, un po' perché Ozu usa sempre gli stessi attori, ho deciso di parlarne in un unico post.
Fiori di equinozio
Fiori d'equinozio (彼岸花, Higanbana) è del 1958, ed è il primo film a colori diretto da Ozu. Visivamente è un gioiello di perfezione e simmetria. Ogni inquadratura, con o senza bollitore rosso, sembra un quadro.
La storia, stringi stringi, anche questa volta è esile, e ci mostra un periodo del Giappone in cui la vita, dopo le ferite della guerra, è tornata alla normalità, tra rispetto delle tradizioni e voglia di modernità. kimono e vestiti "occidentali". Il signor Hirayama incarna alla perfezione questa dicotomia: stimato dirigente d'azienda, di larghe vedute, quando entra in casa diventa un padre vecchio stampo, di quelli che si spogliano degli abiti da lavoro gettandoli sul pavimento, mentre la moglie, come se fosse la cosa più ovvia (magari lo era, non son pratica di dinamiche familiari giapponesi degli anni 50), li raccoglie senza fare una piega. La figlia maggiore, Setsuko, è in età da marito, e mentre l'uomo cerca un pretendente, lei, con modi determinati ma gentili, gli fa capire che intende sposare l'uomo di cui è innamorata. Grazie alla complicità di Yukiko, figlia di amici, riuscirà, con un piccolo stratagemma, a far sì che il padre, che quando si tratta di dare consigli agli altri è aperto e liberale, ma in famiglia diventa conservatore e retrogrado, dia il suo consenso alle nozze, grazie anche all'intervento della moglie, solo apparentemente sottomessa.
L'ironia di Ozu si insinua con precisione chirurgica fra sakè, birra e canti di guerrieri suicidi.
L'ironia di Ozu si insinua con precisione chirurgica fra sakè, birra e canti di guerrieri suicidi.
Tardo autunno
Tardo autunno (秋日和 Akibiyori) è del 1960 e inizia con una commemorazione funebre a sette anni dalla scomparsa del signor Miwa. Oltre ai suoi amici più cari - Mamiya, Taguchi e Hirayama - sono presenti la bellissima Akiko, vedova dell'uomo, e la figlia Ayako, manco a dirlo in età da marito.
Le due donne sono molto affiatate e vivono tranquille e serene, ma gli amici del defunto marito sono dell'opinione che la ragazza debba sposarsi, e si mettono quindi alla ricerca di un pretendente.
Ovviamente Ayako di sposarsi non ha nessuna intenzione, anche perchè non vuole lasciare sua madre da sola. I tre fenomeni giungono quindi alla conclusione che l'unico modo per convincere Ayako a sposarsi è fare in modo che anche Akiko si risposi.
La scelta più ovvia cade su Hirayama, anch'egli vedovo da anni. Ma, per una serie di equivoci e malintesi la figlia apprende dell'imminente matrimonio di sua madre mentre Akiko non ne è ancora venuta a conoscenza, e a nulla valgono le parole della donna per convincerla che lei è all'oscuro di tutto. Questa volta a sistemare le cose interviene Yuriko, amica e collega di Ayako.
Anche qua non mancano ironia e sakè.
Anche qua non mancano ironia e sakè.
Il gusto del sakè
Il gusto del sakè (秋刀魚の味 Sanma no aji) è del 1962, ed è l'ultimo film di Ozu, che morirà il 12 dicembre del 1963, nel giorno del suo sessantesimo compleanno. Il regista infatti era nato il 12 dicembre del 1903.
Anche qua ritroviamo i temi ricorrenti del cinema di Ozu: amicizia, matrimonio, rapporti tra genitori e figli, immancabile contrasto tra tradizione e modernità.
Ad un raduno di ex compagni di scuola viene invitato anche un anziano insegnante, il signor Sakuma, che a fine serata è troppo ubriaco per tornare a casa da solo, così Hirayama e Kawai lo riaccompagnano a casa, dove l'uomo vive con la figlia Tomoko, che non si è mai sposata per accudire il padre.
Questo particolare fa riflettere Hirayama, vedovo, con due figli maschi, di cui uno sposato, e una femmina, Michiko, in età da marito ma che a casa, di fatto, è la Tomoko della situazione, e Hirayama conclude che, con il suo comportamento egoista, la sta costringendo allo stesso destino della figlia del professore. Nel frattempo il figlio sposato chiede un prestito al padre per comprare un frigorifero, (anche se alla fine riuscirà a comprarsi anche delle mazze da golf di seconda mano) e i soldi gli vengono consegnati dalla sorella, che, in quell'occasione conosce Muira, collega e amico dell'uomo.
I due diventano amici, ma Miura, convinto che Michiko non si sarebbe mai sposata, si fidanza con un altra donna, e quando Koichi gli chiede se accetterebbe di sposare sua sorella scopre che l'uomo è già fidanzato. A Michiko a questo punto non resta altro che accettare il matrimonio combinato e diventare una brava moglie.
Come sempre durante le due ore del film sembra non sia successo nulla, mentre invece è successo di tutto, fra l'immancabile sakè, i rapporti generazionali sempre più complicati, i ricordi del passato e i dialoghi in cui, come sempre, non manca l'ironia, anche se lascia un po' di amaro in bocca.
Sarà questo il gusto del sakè?
Ad un certo punto nel film si vede Hirayama in un bar mentre beve con un suo vecchio compagno d'armi, che gli chiede cosa sarebbe successo se il Giappone avesse vinto la guerra.
Già, chissà cosa sarebbe successo, senza quel 6 agosto di 70 anni fa.
Grande Ozu e gran pezzo. Brava!
RispondiEliminaGrande davvero!
EliminaGrazie Ford! :)
Ma grazie! :)
RispondiEliminaIo ho approfittato della retrospettiva del cinema Romano, purtroppo non sono riuscita ad incastrare con date e orari solo "Buongiorno", ma a questo punto voglio (vorrei) assolutamente recuperare altri titoli!