"Non
volevamo scavarvi nell’anima.
Volevamo
vedere se ce l’avevate,
un’anima."
Sai quando esci dalla sala pervasa da
una tristezza che ti avvolge come la coperta di pile con cui passi le domeniche
d’inverno sul divano? Ecco. La sensazione che ho provato ieri sera era quella,
con la differenza che non avevo la coperta di pile. E nemmeno il divano.
Kathy H. dall’altra parte del vetro di
una sala operatoria dove si sta per effettuare un espianto di organi racconta la
sua storia. Che è anche quella di Ruth e di Tommy, e di tutti gli altri “ospiti”
del collegio di Hailsham: non sono figli di nessuno, non sono orfani, non hanno
un cognome, ma solo una lettera, non hanno un passato e, siccome sono stati
creati esclusivamente per fornire organi per i trapianti quando saranno adulti,
soprattutto non hanno un futuro, se non quello che è stato programmato a favore
della scienza.
A cui non potranno opporsi, ma soltanto
subire.
Fantascienza dal passato, che ti mette
addosso tristezza ed inquietudine. Ma non
commozione.
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