25 feb 2019

Riassunti dalla 69° Berlinale (4)


Si, lo so, ci sono stati gli oscar, ma non intendo parlarne. Perché una giuria che non assegna nemmeno il premio per i costumi a "la favorita" non merita di essere presa in considerazione. E questo è tutto quello che ho da dire sull'argomento.

Detto ciò, veniamo agli ultimi film che ho visto in questa edizione della Berlinale, che mi ha visto partecipare in forma ridotta per venire incontro alle mie ridotte capacità mentali finanze. 



Ich war zuhause, aber (I Was at Home, But) 
Angela Schanelec


Adesso che la vedo posso dire che questo film, che ha - inspiegabilmente e immeritatamente - vinto l'orso d'argento per la miglior regia, almeno una cosa bella ce l'ha: la locandina.
Che, credetemi, non è poco.
Si sa, non c'è festival senza sòla, e anche quest'anno non abbiamo potuto sottrarci al film pacco.  
Un film che non ha una vera e propria trama, succedono cose, un bimbo sparisce, ma noi lo scopriamo solo quando ricompare, la madre, nevrotica e depressa lo riporta a scuola, i suoi compagni maltrattano Shakespeare, e noi scopriamo che la donna ha perso il marito, ma lo scopriamo soltanto quando lei si sdraia sulla sua tomba, mentre - a proposito di morti - in sottofondo M.Ward sevizia Let's Dance con una cover che potrebbe far morire Bowie una seconda volta.  E tu stai lì, pensando che magari prima o poi succederà qualcosa. E invece ad un certo punto il film finisce. Tu tiri, nell'ordine, due madonne, un sospiro di sollievo e abbandoni la sala, chiedendoti il why e il because. 

La paranza dei bambini (Piranhas) 
Claudio Giovannesi


Se mi fossi ricordata che il Giovannesi è lo stesso Giovannesi che nel 2012 aveva diretto quella merda di "Ali ha gli occhi azzurri", e mi scuso se ho scritto "diretto", probabilmente mi sarei avvicinata alla visione della Paranza con altri occhi. E invece, sempre grazie alla mia famigerata memoria da pesce rosso, mi sono approcciata alla visione con l'ignoranza di un contrabbasso porta-liquori. 
Cosa dire della Paranza dei bambini, che, tra l'altro è già uscito in sala da una decina di giorni? Che è tratto da un romanzo di Roberto Saviano mi pare inutile, che è un bel film anche, e che se non l'avete ancora visto vi consiglio di dargli un'occhiata. 
Detto ciò, siamo ovviamente a Napoli, quando un gruppo di ragazzini del Rione Sanità decide di prendere il controllo del territorio, approfittando di un momentaneo "vuoto di potere". Dallo spaccio d'erba fuori dalle scuole all'uso delle armi, il passo è breve, e i ragazzi, capeggiati da Nicola, iniziano ad avere disponibilità di soldi facili, e a farne sfoggio senza ritegno, nel più classico degli stereotipi da film, con tanto di cambio arredamento nelle case, fino al giorno prima umili, e improvvisamente straripanti opulenza e cattivo gusto, con le peggio cose pacchianissime. (Io sono straconvinta che veramente ci sia qualcuno che a casa "tiene" il contrabbasso porta-liquori, perché una roba del genere non te la puoi inventare, devi per forza averla vista da qualche parte).
Ma il viaggio di andata dalle stalle alle stelle prima o poi avrà un ritorno, e l'altra faccia della medaglia, con ritorsioni e guerre intestine non tarda ad arrivare. Nicola si rende ben presto conto che è entrato in qualcosa di troppo grande per lui, ma ormai è difficile tornare indietro. 

L’adieu à la nuit (Farewell to the Night)
André Téchiné



André Téchiné affronta il problema dei foreign fighters attraverso gli occhi di Muriel (Catherine Deneuve), che gestisce un centro equestre nelle campagne di Perpignan. Un giorno suo nipote - che lei ha praticamente cresciuto e a cui è affezionatissima, la avverte che lascerà Tolosa e si trasferirà in Canada e che quindi andrà a trovarla per un breve periodo prima di partire, anche perché Lila, la sua fidanzata, lavora proprio da Muriel.
Ma la meta del viaggio dei due ragazzi non è il Canada, infatti scopriamo che in qualche momento non meglio precisato lui si è convertito all'Islam e quindi la destinazione (o, è proprio  il caso di dirlo, la loro "Final Destination") è un campo di addestramento dell'Isis prima, ed il fronte siriano poi.
Muriel casualmente scopre la verità, e farà di tutto per impedire al ragazzo di partire.
L'intento è sicuramente nobile, ma il risultato è abbastanza annacquato. Sembra che Téchiné abbia paura di osare, e il risultato è un film che non riesce a capire, e di conseguenza a spiegare, cosa spinga l'uomo a volersene andare. I due protagonisti sembrano motivati da sto cazzo, mentre la Deneuve non riesce mai a rendere credibile il dolore che sta vivendo. In buona sostanza, Téchiné è bravo ma non si impegna.

8 commenti:

  1. Curioso ma non troppo per l'italiano, che ricorda parecchio La terra dell'abbastanza, sempre passato a Berlino, sempre un crime di provincia. Esordio molto bello.

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    1. A mio parere sono due film parecchio diversi, nonostante l'ambientazione "criminale".

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  2. Mi astengo dagli altri due titoli, ma La Paranza sono andata a vederlo e nonostante avesse tutto per essere pesante, non lo è. Anzi, tra la storia d'amore, un protagonista che buca lo schermo e una fotografia splendida, tutto scorre e mi ha convinto.

    Quanto agli arredi, mi vergogno a dire che quei pezzi di ceramica dorati li faccio anch'io dove lavoro. Foglia d'oro in pezzi improponibili (tigri, cani, leoni...) che ovviamente va a finire in negozi siciliani e napoletani. Il buon gusto proprio.

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    1. Gli altri due titoli sono abbastanza trascurabili, il tedesco poi è da evitare con cura. La paranza è piaciuto molto anche a me. E sul buon gusto che dire? Dopo il contrabbasso portaliquori una tigre dorata è quasi poesia! :)

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  3. Mi astengo in toto, anche se dipende, se passano da qualche parte li vedo, altrimenti ciao ;)

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    1. Sicuramente la paranza prima o poi arriverà da qualche parte

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  4. La paranza dei bambini non mi ispira per niente... Invece, sugli oscar, neanche un commento sul miglior film?

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    1. Ti dirò, non è noenie male, a me è piaciuto parecchio.
      Per quanto riguarda l'oscar a green book, a me personalmente sembra eccessivo. E a me il film è pure piaciuto, tra l'altro. Ma non penso fosse il più meritevole.

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