Con l'entusiasmo che mi contraddistingue ricordo che, inizialmente, il mio atteggiamento nei confronti dell'Expo era più o meno "che cazzo me ne frega" ed ero intenzionata a non andarci.
Poi, siccome cambiare idea nel tempo è uno dei miei sport preferiti, ho pensato che, tutto sommato, al grido di "e quando mi ricapita l'Expo in Italia?" un'occhiata forse valeva la pena dargliela.
Quando ho avuto a disposizione anche un paio di biglietti aggratis il dubbio si è fatto certezza, e, con sua bionditudine abbiamo deciso che si poteva fare.
Sabato.
8 agosto.
38 gradi Celsius.
Nemmeno tanti.
Se vivi nella Death Valley.
Abbiamo prenotato (e pagato € 12,50) il
parcheggio on line, scegliendo di lasciare l'auto a Fiera Milano, che, arrivando da Torino, probabilmente è la scelta più logica.
Siamo partite presto (ore 8.45), tanto sulla A4 TO-MI al sabato non c'è mai molto traffico. Con noi c'era pure la nipote della bionda, che ormai chiama zia pure me. E infatti mentre camminavamo dal parcheggio all'ingresso dell'Expo (se parcheggiate nel settore 4 non avrete nemmeno bisogno di prendere la navetta) mi ha detto "che bello sarebbe avere una zia come te, tutta tatuata, un po' camionista...." che, nelle sue intenzioni, era un gran bel complimento.
Non oso pensare avesse voluto offendermi.
Comunque.
All'ingresso c'è già un po' di gente, ma tempo cinque minuti e siamo dentro.
Non abbiamo un piano preciso, a parte evitare i padiglioni dove devi fare code interminabili (il nostro concetto di interminabile equivale a > 15' ) per entrare.
Il tema dell'Expo 2015, ormai lo sanno anche i sassi, è "nutrire il pianeta, energia per la vita", e ovviamente al proposito i pareri di chi c'è stato sono discordanti.
Chi è rimasto soddisfatto, chi deluso.
In genere la delusione viaggia in accoppiamento con la frase "eh, ma per quella cifra non ti danno niente da mangiare!".
A parte il fatto che non è la sagra della porchetta di Ariccia, si concentrano tutti sul "nutrire". Ne avessi trovato uno che si lamenta perché, parlando di "energia" non ci sono postazioni in cui sottoporsi ad un quarto d'ora di elettroshock, ad esempio.
No, è tutto un "minchia, non c'è niente da mangiare!".
Non c'è niente da mangiare GRATIS, al limite. Ma non mangi gratis nemmeno al Salone del Gusto, se stai a vedere. E pensa, pure al Salone del Libro se vuoi dei libri ti tocca pagarli a prezzo intero.
Lo so, sono sempre la solita stronza acida e un po' polemica.
Ma non è colpa mia.
Ovviamente ad un mese di distanza non è mia intenzione mettermi qua a fare un elenco dei padiglioni in stile celo-manca, chi mi segue su Instagram è già stato ampiamente ammorbato in tempo reale. però vi lascio le mie impressioni generali, che, naturalmente, lasciano il tempo che trovano.
Ho apprezzato molto la possibilità di rifornirsi alle fontanelle che distribuiscono acqua sia naturale sia frizzante, considerato che avremmo bevuto almeno tre litri d'acqua a testa, così come ho apprezzato i nebulizzatori d'acqua, dove passare a rinfrescarsi di tanto in tanto.
Il mio approccio, al di là del tema portante (e importante) era prettamente "estetico", nel senso che ero interessata principalmente alle architetture dei vari padiglioni, e da questo punto di vista non sono rimasta affatto delusa.
Mi è dispiaciuto - causa la coda eccessiva - non riuscire a visitare Nepal, Giappone, Brasile e il famigerato Kazakistan, sono rimasta abbastanza delusa dal Vietnam, che all'esterno è molto carino, mentre all'interno a parte qualche pezzo ornamentale non è che offra molto altro.
Una piacevole sorpresa è stato il padiglione dell'Azerbaijan, con le sue sfere di vetro che rappresentano le diverse biodiversità, oltre a strutture lignee geometriche e distese di fiori multicolori.
Ho apprezzato il Marocco, dove ho anche effettuato l'unico acquisto della giornata: un quaderno con la copertina di pelle stampata con un pattern (che - fra le altre cose - è lo stesso che ho tatuato sul braccio) ornamentale tipico, che finirà nel mucchio di quaderni acquistati in ogni parte del mondo... e dove siamo tornate per la cena, che è stato un bel momento di condivisione: mentre noi mangiavamo cibo marocchino nello spazio all'aperto del padiglione, stormi di zanzare autoctone si cibavano di noi senza alcun ritegno.
Il premio per il padiglione più triste fra tutti quelli visitati (perché vedere tutto in un giorno è impensabile oltre che impossibile) lo vince la Romania, mentre mi hanno colpito (parlo sempre a livello visivo) la Spagna, con le sue stanze a pareti e pavimenti di "piatti" colorati, l'Estonia, tutto in legno, con le altalene su cui ho fatto un giro, perchè è più forte di me, se incontro un'altalena ci devo salire e dondolarmi, e la Polonia, con questa costruzione che sembra fatta di cassette per la frutta in cui si entra salendo una rampa di scale laterale e ci si ritrova in un giardino/labirinto con alberi e specchi, mentre all'interno vengono mostrate attraverso video e installazioni, le risorse del paese.
Prese dall'entusiasmo abbiamo risposto ad una serie di domande sul paese che apparivano su un enorme monitor, ottenendo anche uno fra i punteggi più alti. E son soddisfazioni, considerato che nessuna delle tre ha mai messo piede in Polonia.
Interessanti i cluster (cacao, caffè, riso, spezie ecc.) dove trovano spazio i vari paesi produttori. Non particolarmente affollati, si girano anche abbastanza in fretta, e, in quello del caffè si possono ammirare le foto di Sebastiao Salgado.
Il padiglione della Gran Bretagna, con questa installazione che ricorda un grande alveare, è sicuramente di impatto, mentre il bar sulla terrazza offre un sacco di cose interessanti a livello alcolico, ma noi ci siamo trattenute (non ricordo se perché dovevamo ancora pranzare e quindi eravamo a digiuno o se perché avevamo già pranzato e quindi era troppo presto per l'aperitivo).
La questione "aperitivo" l'abbiamo risolta successivamente, allo stand del Cile, sorseggiando un Pisco Sour con accompagnamento di nocciole. La coltivazione della nocciola in Cile è abbastanza recente, iniziata negli anni 90 grazie al contributo della Ferrero - che suppongo sia anche il cliente più importante - ha fatto sì che, in soli 20 anni, il paese sia diventato il primo esportatore di nocciole dell'America Latina. Il Pisco invece è un acquavite, bevanda nazionale sia del Cile sia del Perù (che infatti se ne contendono la paternità). Non essendo sottoposto ad invecchiamento non può considerarsi un brandy, e avendolo bevuto sotto forma do cocktail [(nella sua versione cilena, ovvero con aggiunta di succo di lime, ghiaccio e zucchero) (la versione peruviana prevede anche il bianco d'uovo)] non posso dirvi che gusto abbia.
A differenza del Pisco Sour cileno, che è davvero ottimo.
Concludo il mio inutile "reportage" sull'Expo parlandovi del padiglione che mi ha conquistato, ovvero quello della Corea (del Sud, of course).
Esternamente non è di quelli che ti lasciano a bocca aperta, pare ricordi la forma del moon jar, il tipico vaso di ceramica in cui vengono fatti fermentare i cibi.
Lo slogan della Corea è "sei ciò che mangi", e, attraverso i diversi spazi espositivi pone domande del tipo cosa mangiare, come, ma soprattutto fino a quando si potrà mangiare (in modo sostenibile)?
La "sinfonia dei cibi" performance visiva che rappresenta l'armonia e l'equilibrio tra i cibi è davvero affascinante, come lo è la sala della conservazione, dove un pavimento di
onggi fa da schermo allo scorrere delle stagioni. Non essendo ancora state in Corea (mai dire mai) abbiamo deciso di pranzare al Ristorante Hansik, dove abbiamo potuto assaggiare diverse varietrà di
kimchi e altri piatti. Io ho preso il menu Bibimbap Soban, e mi sono innamorata del Porridge di funghi.
Verso le 19.00 (adesso l'orario è stato anticipato alle 18.00) si inizia a vedere gente infighettata, compresi alcuni esemplari di sesso femminile col tacco 12, sono quelli che - approfittando del biglietto ridotto a 5€ - vengono all'Expo per l'aperitivo.
Noi siamo in giro quasi da 10 ore, abbiamo l'ascella pezzata, i capelli sudati, il trucco sbavato e i piedi palmati, ma resistiamo. Dopo cena ci concediamo ancora qualche stand (anche perchè l'expo chiuderà anche a mezzanotte, ma i padiglioni alle 10 di sera son già tutti barati, cosa che, sinceramente non trovo corretta, ma si sa, io son rompicoglioni nel profondo) e, ridendo e scherzando si son fatte quasi le 11.00. Torniamo alla macchina trascinandoci a fatica, ma, considerato che la nipote di sua bionditudine ha la metà dei miei anni ed è stanca quanto me se non il doppio, un po' mi consolo.
Appena appoggiato il culo sui sedili di Clio V sembrava di essere entrati in una sala doppiaggio di un film porno. Era tutto un aaaaaah, ooooooh, uuuuuuuh, ma di dolore.
Una giornata così è sicuramente massacrante, ma non sono affatto pentita, anzi: confesso che non mi dispiacerebbe riuscire a farci un altro giro, prima della chiusura. In maniera molto più soft, però.
Quindi, il mio parere sull'Expo è senz'altro positivo.
E, visto che avete letto fin qua, ho deciso che vi meritate pure una MIA foto.
Sono il puntino indicato dalle frecce.