Credo che l'Australia sia, per molti viaggiatori, la meta dei sogni. Vuoi per la sua unicità, vuoi per la sua distanza, vuoi per i suoi contrasti, gli spazi sconfinati, gli aborigeni, i canguri, quello che vi pare, i motivi sono molteplici. Io non so dirvi esattamente quale fosse, il mio, di motivo. Dopo aver preso in braccio un koala adesso lo so. Ma il desiderio di andare in Australia era lì, da sempre. Una decina di anni fa sono riuscita a coronare il sogno e, come regalo per i miei primi 40 anni, sono andata in Australia, in compagnia di sua bionditudine.
Come sempre il periodo che precede la partenza è il più eccitante: la ricerca del volo più economico, la programmazione dell'itinerario, i trasferimenti interni, ecc. Questo, se come me, avete l'abitudine del viaggio fai da te, che comporta l'assoluta libertà di non dipendere da nessuno, sottostare a orari, visite guidate, pranzi e cene in compagnia di gente con cui non hai alcuna intenzione di socializzare (non sono esattamente la persona più affabile del globo terraqueo). Alla fine dei preparativi, e dopo aver sfrancicato i maroni a chiunque me lo chiedesse, arrivò il giorno della partenza.
2 giugno 2004.
Torino - Francoforte,
Francoforte - Singapore. Durante il volo, non avendo ancora preso l'abitudine di sedarmi pesantemente mi sono rimbambita dura giocando a Tetris. Siccome il nostro biglietto ci consentiva uno stopover abbiamo fatto tappa un paio di giorni a Singapore, che mica ci potevamo perdere l'occasione di bere un Singapore Sling al Raffles Hotel, no? Un contrasto fra antico e moderno, templi induisti e pagode cinesi, grattacieli e vecchie case coloniali, oltre alla mango salad più piccante dell'universo mondo.
Abbandoniamo Singapore e voliamo in Australia. A Melbourne. L'impatto con l'inglese parlato dagli australiani è stato a dir poco traumatico. Fai conto che il tuo interlocutore stia masticando un intero pacchetto di BigBabol e, inavvertitamente, abbia scordato di togliersi l'apparecchio. Ok, il mio inglese è abbastanza scarso, ma sono sempre stata in grado di sostenere una conversazione elementare senza dover ricorrere all'aiuto di un interprete. Di fronte agli addetti ai controlli, che ci chiedevano se nei bagagli o addosso avessimo cibo o terra (?) io e la bionda ci guardavamo basite, chiedendoci cosa cazzo mai ci stessero domandando. Non ricordo come ne venimmo fuori, ma alla fine riuscimmo anche a prendere il primo volo interno per Adelaide.
Dopo qualche giorno ad Adelaide e dintorni, con un autobus notturno siamo tornate a Melbourne. Gli autobus notturni sono un mezzo abbastanza pratico ed economico per gli spostamenti in Australia. Viaggi tutta la notte, spesso in mezzo al nulla,con compagni di viaggio il più delle volte parecchio bizzarri, e al mattino dopo ti ritrovi a destinazione, hai male a zone del corpo che ignoravi di avere e le tue occhiaie hanno raggiunto dimensioni tali da aver bisogno del permesso di soggiorno.
Da Melbourne parte la Great Ocean Road, lunga strada panoramica che costeggia per buona parte l'oceano, e noi decidiamo di noleggiare un auto per percorrerla.
Una fantastica Hyundai Elantra color vomito di birra metallizzato.
Siamo state in Australia quasi un mese. Provate a dire quanti giorni di pioggia abbiamo trovato? Uno. Quello. Il giorno in cui avevamo deciso di farci 500 km di strada panoramica.
Partiamo. Da Melbourne a Geelong, la GOR inizia ufficialmente lì. Il primo tratto, fino a Torquay, non è niente di che. A Torquay facciamo una sosta, sotto la pioggia. Proseguiamo verso Lorne, deliziosa località di villeggiatura, che - sotto la pioggia - non ci sembra così deliziosa. Ci fermiamo a mangiare ad Apollo Bay. Il tempo sembra migliorare, tanto che, lungo la strada, possiamo ammirare uno splendido arcobaleno. Dico alla bionda: "ci fermiamo a fare una foto?". E la bionda, aka ordine e disciplina, rispose: "abbiamo ancora 150 km di strada panoramica, sai quante altre occasioni per fermarci troveremo?". Nel frattempo, un vecchio su un'imbarcazione carica di animali (tranne due leocorni) ci sorpassa. Probabilmente sta dicendo "al mio segnale scatenate il diluvio". Dopo Apollo Bay la GOR si allontana un po' dalla costa e si addentra in un tratto di foresta. Ed è lì che - sotto la pioggia - un poliziotto ci ferma, mi fa il test etilico e, dopo essersi accertato che ero sobria, ci consiglia di accendere le luci, che di lì a poco avremo trovato nebbia. Sì, esatto. Sotto la pioggia. Sulla strada panoramica.
Alla fine, sempre sotto la pioggia, arriviamo nel punto panoramico da cui, in teoria, è possibile ammirare, in tutto il loro splendore, i 12 apostoli. Non sta piovendo: di più. Scendiamo comunque per scattare due foto. Siamo arrivate fino lì per vedere i 12 apostoli, mica puoi guardarli dall'interno di una Hyundai Elantra color vomito di birra metallizzato, ti pare? Poco importa se i 12 apostoli non si vedono perché c'è un tempo di merda e tu credi di scorgerne un paio, fra il cielo plumbeo, le nuvole e l'oceano, che hanno tutti lo stesso colore. Grigio, appunto. Risaliamo in macchina. Siamo bagnate come due trote da allevamento. Nel frattempo ha smesso di piovere: adesso diluvia. Arriviamo a Port Campbell e ci fermiamo a bere un te per riscaldarci. L'ideale sarebbe un giro in un'asciugatrice. Decidiamo che non ha alcun senso proseguire e rientriamo a Melbourne, attraverso una strada interna, che si addentra in foreste scurissime, come in un horror di serie b. Anche perché alla guida di un Elantra non è che puoi pretendere pure l'horror coi controcazzi. Buio pesto, non si vede una mazza fionda. Due auto mi si piantano al culo e mi fanno fare strada, provo più volte a rallentare ma questi di sorpassarmi non hanno alcuna intenzione. Chiamali scemi. Credo di aver contribuito all'estinzione di una dozzina di specie di rane più o meno endemiche, con tutte quelle che ho spataccato sull'asfalto, ma erano così tante che, anche mettendoci tutta la buona volontà, era davvero impossibile evitarle.
Ancora oggi io e la bionda ricordiamo quel giorno come quello in cui, durante il viaggio, decidemmo di passare la giornata in albergo.
Perché potrebbe sempre esser peggio. Potrebbe piovere.