19 ago 2019

Una settimana in Uzbekistan e/o a volte ritorna(no)...

Nonostante la preparazione di un viaggio sia una delle attività che mi appassiona maggiormente, capitano periodi in cui non hai né tempo né testa  per programmare e pianificare tutto quanto. 
Il 2019 è uno di quegli anni in cui né io ne Sua Bionditudine abbiamo trovato il tempo per organizzarci, e quindi, ebbene sì, abbiamo partecipato ad un viaggio organizzato.
E, con il tempismo che mi contraddistingue, ve ne parlo adesso, a 3 mesi di distanza.
Son proprio brava per essere una che ha un blog di viaggi, non trovate anche voi?
Meta: Uzbekistan.
Durata: 8 giorni (dal 12 al 19 maggio)
Costo: mezzo rene, perché si sa, i viaggi organizzati sono sempre molto più cari del fai da te. 
Sorvolo sull'età media dei partecipanti, vi basti sapere che io e la bionda eravamo "le ragazze". 
Per fortuna il gruppo era di sole 15 persone, e, se si esclude una signora storditissima, che ha dimenticato cose in ogni posto visitato e un'altra che da sola ha risollevato il PIL del paese, comprando la qualunque ovunque, i partecipanti erano tutti mediamente simpatici, nonostante gli fosse totalmente estranea l'idea di viaggiare leggeri. Io e la bionda, abituate a scarrozzarci il bagaglio per i fatti nostri, viaggiavamo col bagaglio a mano. Tutti gli altri con dei valigioni della dimensione di frigoriferi con le ruote. E' più forte di me, è una cosa che non riesco a comprendere. Se quello è il bagaglio per una settimana, quando fai un viaggio "serio" cosa ti porti? Tre bauli e due schiavi?  
Il tour è stato quello "classico" per chi visita l'Uzbekistan per la prima volta, ovvero le città carovaniere sulla via della seta.
L'Uzbekistan ha diversi siti "patrimonio dell'umanità" Unesco, nello specifico:
  • Itchan Kala
  • Historic Centre of Bukhara
  • Historic Centre of Shakhrisyabz
  • Samarkand – Crossroad of Cultures

Abbiamo volato con Uzbekistan Airlines da Malpensa e in 5 ore siamo arrivate a Urgench. Da lì abbiamo aspettato che tutti i frigoriferi venissero riconsegnati ai rispettivi proprietari e siamo partiti alla volta della nostra prima tappa: Khiva.

Le mura di Khiva
Khiva (uzbeko: Xiva, russo: Хива; persiano: خیوه) ci ha accolto con 37 gradi di caldo secco, e, considerato che abbiamo lasciato Torino con una temperatura praticamente novembrina la differenza, complice la quasi totale assenza di riposo, si è fatta sentire.
Il centro storico di Khiva, interamente circondato da mura, è un piccolo gioiellino,  ed è il primo sito Unesco della lista: Itchan Kala. Un tripudio di maioliche in tutte le sfumature del blu, che, a differenza del grigio, son molte di più di 50.
Abbiamo girato un po' e poi ci hanno portato a pranzo in un ristorante tipico, dove c'era un forno apposito per cucinare il loro bellissimo e buonissimo pane. La cucina uzbeka è decisamente sana, ma, ahimè, un po' monotona. Il pasto, che sia pranzo o cena, inizia sempre con un paio di insalatine. una di barbabietola, la seconda con altre verdure (spesso peperoni e pomodori), poi arriva, 90 su 100 la zuppa, di qualunque cosa e, per finire, la portata di carne (a parte il maiale, qualunque tipo di carne: manzo / pollo / agnello / montone) cucinata principalmente stufata... insomma, mi sono stufata un po' anch'io: per farla breve, in una settimana ho esaurito il mio consumo annuale di carne. In Uzbekistan, oltre al gas, si produce tantissima frutta, che viene esportata principalmente - per motivi a me ignoti - in Giappone e Corea, quindi, quella che ti servono, sembra mediamente quella di scarto. Ho mangiato ciliegie dalle forme più disparate, tranne quella tradizionale, e fragole che dal colore sembravano aver finito di vivere da giorni, ma che erano comunque buone. Con mio sommo dispiacere a maggio non è ancora iniziata la stagione di meloni e cocomeri.
Detto ciò. siccome eravamo tutti un po' strafatti dal caldo e dall'assenza di sonno, siamo tornati in hotel a riposare un po' per poi uscire nel tardo pomeriggio ed ammirare Khiva sotto un'altra luce.


Il mattino seguente, per evitare una traversata di 10 ore in autobus attraverso il deserto di Kyzylkum, abbiamo preso un volo interno dall'aeroporto di Urgench e, nel giro di un paio d'ore siamo arrivate, belle come il sole, a Bukhara. Dove faceva un po' meno caldo rispetto a Khiva. O forse ci eravamo già acclimatate.


Bukhārā (uzbeco: Buxoro; russo: Бухара, persiano: بخارا‎,) è la capitale dell'omonima regione, e vanta alcune madrasse famose, oltre alla moschea più antica dell'Asia centrale, davvero molto bella, e un sacco di mercati coperti che pullulano di venditori di tappeti (bellissimi tappeti: se vi piace il genere questo è il luogo ideale per fare ottimi affari).
A Bukhārā alzando gli occhi molto spesso vi capiterà di vedere (come nella foto sopra) dei nidi con le cicogne: sono finti. Non chiedetemi il perchè, in quanto non saprei cosa rispondervi.

Moschea Maghoki-Attar
La moschea Maghoki-Attar è la più antica moschea dell'Asia centrale e venne eretta nel IX secolo. Negli anni 30 del secolo scorso l'archeologo russo V. A. Šiškin trovò i resti di un tempio zoroastriano del V secolo, nonché quelli di un precedente tempio buddista. La moschea sopravvisse alle devastazioni mongole, perché (secondo la leggenda) la gente del posto la seppellì sotto la sabbia, occultandola. Ciò l'avrebbe preservata nel tempo. Adesso ha perso tutto il suo appeal, in quanto all'interno è ospitato il Museo del Tappeto, che non ho visitato. 
Bukhārā in compenso mi ha regalato tramonti, gatti, visioni mozzafiato e simpatici burloni.






Abbandoniamo Bukhārā alla volta di Samarcanda (uzbeco: Samarqand; tagico: Самарқанд; russo: Самарканд, persiano: سمرقند), patrimonio dell'umanità come "Samarcanda - Crocevia di culture". ma prima facciamo una tappa a Shakhrisabzcittà natale di Tamerlano, in cui il condottiero è stato anche sepolto. Qua Timur fece costruire il suo palazzo d'estate, lo Ak Saray, di cui purtroppo oggi possiamo ammirare pochissimi resti, tra i quali quello che rimane delle due torri poste all'ingresso del palazzo, originariamente alte più di 70 metri, di cui vi mostrerei anche un'immagine, se solo non fossi pigra come la merda e in tre mesi di tempo avessi trovato 5 minuti  per scaricare le foto...  


Nel porticato della moschea di Shakhrisabz ho salutato questo vecchio signore che stava pregando, lui mi ha sorriso, mi ha in qualche modo chiesto da dove arrivassi, mi ha toccato i tatuaggi che ho sul braccio e mi ha di nuovo sorriso, mi ha dato la mano con una stretta vigorosa, e poi, sempre sorridendo, mi ha salutato ed è tornato a pregare. 
Ci rimettiamo in viaggio, mentre il cielo non promette nulla di buono, infatti dopo pochi minuti una pioggia insistente ci accompagnerà fino a Samarcanda. Arriviamo al nostro hotel (un mammatrone enorme, che ospitava , tra gli altri, un sacco di giovani tennisti, in quanto in quei giorni in città si svolgeva l'ATP Challenger) e, dopo aver preso possesso della stanza, decidiamo che è ora di farsi una birra comodamente sedute e poi, visto che aveva smesso di piovere, di camminare fino al Registan, per vederlo al buio, tutto illuminato. Il colpo d'occhio è pazzesco: le tre madrasse delimitano la grande piazza e, nonostante di sera la zona venga transennata, e quindi non si può scendere nella piazza, si riesce già ad immaginare quello che ci attende il giorno dopo. 
Insomma, non per sminuire tutto il bello visto finora, ma diciamo che il Registan, da solo, vale il viaggio. 






Il viaggio si è concluso a Tashkent, la capitale, che abbiamo raggiunto con un treno veloce. Più che altro per comodità logistica, in quanto l'aeroporto internazionale si trova lì. La città è di chiaro stampo sovietico, con parecchi brutti palazzi e larghi viali a quattro corsie e alcuni monumenti sicuramente importanti per gli uzbechi, ma alquanto trascurabili per quanto mi riguarda. La metropolitana - dove fino a qualche anno fa era tassativamente vietato scattare fotografie - ha alcune stazioni molto belle, come Kosmonavtlar. Ma la cosa che mi ha colpito è che quando è arrivato il treno e siamo entrate nel vagone, tutti gli uomini (anche gli anziani) seduti si sono alzati in piedi per fare sedere le donne appena salite.

In conclusione, a tutti quelli che, prima di partire, mi chiedevano "ma cosa vai a fare in Uzbekistan?" posso rispondere che ci sono andata perché ero curiosa, perché è un paese emergente, la religione non costituisce un problema, è un paese pulitissimo (ma roba che non c'è una cartaccia per terra) e la gente è simpatica, disponibile e curiosa. Se vogliamo proprio trovare un difetto, non ci tornerei sicuramente per la loro cucina, ecco. 

10 commenti:

  1. Bellissimo, tra l'altro Samarcanda è uno dei posti che vorrei proprio vedere.

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    1. E' veramente un paese affascinante. Adesso mi incuriosisce il Kazakistan...

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  2. bel viaggio, in un paese civile, qui non si alza nessuno, o quasi, negli autobus :(

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    1. ma veramente, ci siamo praticamente stupite!

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  3. Hanno il senso dell'umorismo, bene ;)
    Comunque posti davvero affascinanti :)

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    1. davvero molto affascinanti! E loro sono gentilissimi.

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  4. Tornassi indietro, costringerei il giovine a stare un paio di giorni in più in Uzbekistan che mi confermi che Khiva e Bukhara si meritavano il mio tempo. Ma sono riuscita a strappargli solo Samarcanda ma dici bene: il Registan da solo merita il viaggio. Sono rimasta un intero tramonto ad osservarlo, complici le prove per un grande festival che lo lasciavano aperto solo un paio d'ore durante il giorno, ma permettevano di vedere ballerini e cantanti in azione.
    Gli Uzbeki curiosissimi e gentilissimi, tutti, dai taxisti ai ragazzini che gestivano il mio ostello.
    Quanto al cibo... sì, per una vegetariana è davvero dura (anche nel resto degli Stan) che pure le 40 insalate che propongono i menù hanno la carne. Sono sopravvissuta a piatti improvvisati, cetrioli e pomodori. E per mia fortuna, la stagione dei cocomeri era iniziata: immancabili ad ogni pasto, dalla colazione alla cena.

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    1. Khiva un vero gioiellino, tutta raccolta, davvero deliziosa... Guarda. per il cibo è stata dura per me, che vegetariana non sono, non posso immaginare la fatica che avrai fatto tu!!! Però dai, avevi i cocomeri! :)

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  5. Sono stato parecchie volte in Uzbekistan, io ci lavoro. Mi occupo di energia e ho fatto importanti realizzazioni a Navoi, città industriale non bella, ma con importanti monumenti. Ho parecchi amici, gli uzbeki sono persone semplici e molto ospitali. La loro cucina è un po'"forte", ma saporita e gustosa. Torno spesso volentieri, anche per incontrare gli amici. P.S. Prossimo viaggio ti consiglio il Kirghizistan, paese meraviglioso.

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    1. E' vero, sono persone semplici e gentili. Io la cucina non l'ho trovata "forte", quanto un po' monotona... però insomma, si sopravvive tranquillamente. Terrò a mente il consiglio, chissà che prima o poi non vada a fare un altro giro da quelle parti!

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