Se pensate che il panorama cinematografico pre-estivo offra poco o niente, fra principi di persia, buchi e destinazioni finali in 3D, saw 27, Menopause in the City e via andare, non siete molto lontani dalla realtà. Anche le mie ultime esperienze in sala (fra “copia conforme” – che definire una sola galattica sembra quasi riduttivo – e “the road”, che non è un brutto film, vuoi perchè è tratto da Cormac McCharty, vuoi perchè anche in questa occasione il buon vecchio Viggo Mortensen non esita a mostrarsi nudo, ma l’atmosfera che pervade tutta la pellicola è così grigia, cupa e post-apocalittica che esci dalla sala con un senso di oppressione che nemmeno la miglior granita siciliana di tutta Torino riesce ad alleviare), sembravano confermare la tendenza. E invece questo film argentino, vincitore dell’oscar come miglior film straniero, nonostante il mio scetticismo iniziale, è stata una piacevole smentita: qualche film decente, in programmazione, ancora c’è.
Benjamin Esposito è un ex funzionario del tribunale di Buenos Aires.
Dopo essere andato in pensione decide di scrivere un romanzo.
E sceglie di raccontare una storia di 25 anni fa, riguardante lo stupro e l’omicidio della giovane Liliana Coloto, compiuto da un conoscente della ragazza, che rimarrà impunito.
Fra continui flash back vedremo come la storia di Liliana si trasformi in una specie di ossessione non solo per il giovane marito rimasto vedovo, ma per Esposito stesso, in qualche modo “vedovo” di un amore apparentemente mai corrisposto per Irene, la sua superiore.
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