24 ore nella vita di George Falconer, inglese, professore universitario, che vive a Los Angeles, in una splendida casa di vetro.
Siamo nel 1962 e George non riesce a reagire al dolore per la scomparsa di Jim, suo compagno da 16 anni, in un incidente stradale mentre era lontano da lui. Apprende la notizia attraverso l’asettica telefonata di un cugino dell’uomo, che lo informa anche che non potrà prendere parte alle esequie, riservate ai familiari. Annientato da un’angoscia muta George sistema le sue cose in perfetto ordine, allineando chiavi, lettere, libri e documenti personali, meditando di suicidarsi con un colpo di pistola in bocca. L’idea di lasciare disordine lo spinge ad infilarsi in un sacco a pelo*, ma il suono del telefono e la voce della sua amica Charlie, lo faranno desistere e far sì che anche quel giorno George si rechi al lavoro, e, durante una lezione in cui parlerà della paura, del diverso e delle minoranze, verrà avvicinato da uno dei suoi studenti, che riuscirà a fargli comprendere che le cose vanno come devono andare.
Colin Firth è semplicemente perfetto. E, mi scuserete, anche Jon Kortajarena, che compare per cinque soli minuti, lascia il segno.
Però.
Dove è finito il secondo cane?
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