Quest'anno il Torino Film Festival, giusto alla sua 34° edizione, ha aperto i battenti una settimana prima rispetto agli anni precedenti, in cui iniziava l'ultimo week end di novembre. E io, che prevedevo di prendere la consueta settimana di ferie per dedicarmicisivi.ci.vi.si.bi... ho optato per una frequentazione part-time, scegliendo di vedere una ventina scarsa di film. Ho già scritto due/tre minchiate su FB, ma, per tediarvi in maniera più completa, ho deciso di scrivere due o tre cose (praticamente le stesse) anche sul blog.
I film che ho visto e quelli che devo ancora vedere, tra domani pomeriggio e sabato mattina, sono questi:
e,... ad essere sincera, non ho visto, finora, nulla che mi abbia entusiasmato tantissimo. Un paio di buoni film, una manciata abbastanza inutili, uno fastidiosissimo, ma non c'era "IL" film per cui spellarmi le mani a forza di applausi.
Vi riassumo in breve i primi quattro film visti tra venerdì e sabato, riportando, per farvi capire la difficoltà a cui noi, poveri spettatori siamo sottoposti annualmente, le scamuffissime sinossi che si trovano sul programma:
ELLE, di Paul Verhoeven
Nulla sfugge al controllo di Michèle: l’azienda che dirige, leader nel campo della produzione software di videogiochi, i rapporti con i dipendenti, la sua rete sociale, la routine familiare e le amicizie. Un meccanismo oliato da anni di impeccabile gestione di ogni situazione, da cui è bandita ogni manifestazione di debolezza o sbavatura. Fino a quando una sera, rientrata a casa, Michèle non subisce l’aggressione di uno sconosciuto. Un atto brutale, che si rivelerà carico di inattese conseguenze emotive.
Allora. Va da sè che ho scelto di vedere ELLE fondamentalmente per la presenza di Isabelle Huppert (e del gatto di Isabelle Huppert), ché a sentire Paul Verhoeven io penso esclusivamente a Robocop. Qua prova a fare qualcosa di più "provocatorio", dirigendo una commedia che strizza l'occhio al thriller e che vorrebbe scardinare - senza per me riuscirci fino in fondo - le convenzioni sociali prendendo di mira la borghesia e le sue ipocrisie e bla bla bla, ma, alla fine, a parte qualche scena in cui si ride in modo più o meno amaro (su tutte il momento in cui il figlio della protagonista, non propriamente un fulmine di guerra, sembra non accorgersi che la sua compagna ha partorito un figlio mulatto) il film si trascina per troppo tempo, e il risultato complessivo non mi ha esattamente entusiasmato.
BETWEEN US, di di Rafael Palacio Illingworth
I trentenni Henry e Dianne devono fare i conti con la realtà della coppia: gli anni della giovinezza, fatta di avventure, nuovi incontri e di un futuro tutto da scoprire, sono finiti. Quello che li attende è l’incubo della normalità e dell’età adulta: una casa in periferia, uno o più bambini e un cane da portare a spasso. Ma è davvero quello che vogliono? Quando le tensioni li porteranno a separarsi, seppure per una notte sola, troveranno le risposte che tanto cercavano.
Questo è il film che ha inaugurato il festival. Che se il buongiorno si vede dal mattino... Classica commedia indie come se ne sono viste altre millemila, con due protagonisti abbastanza insulsi, che non sanno quello che vogliono ma ci tengono a farcelo sapere a tutti i costi. Come se a noi fregasse davvero qualcosa.
MARIE ET LES NAUFRAGÉS di Sébastien Betbeder
Antoine l’aveva avvertito: Marie è pericolosa. Ma ciò non impedisce a Siméon di abbandonare tutto per seguirla. Un “tutto” che non è molto, visto che la storia con Béatrice è finita e la rivista per cui lavorava ha chiuso. Siméon decide quindi di lasciare Parigi e andare in Bretagna, sull’isola di Groix. Tuttavia, se pensava di iniziare un’avventura a due, si sbagliava: anche Oscar, il suo coinquilino musicista e sonnambulo, e lo stesso Antoine, scrittore in crisi d’ispirazione, sbarcano sull’isola. L’involontario quartetto parigino si trova così immerso in un luogo totalmente diverso, con personaggi tutti da scoprire.
Bertbeder è una vecchia conoscenza del TFF: suoi erano infatti il delizioso
Inupiluk visto 2 anni fa ed anche
2 automnes 3 hivers visto nel 2013. Nel cast di
Marie et les Naufragés secondo Dantes doveva esserci un non meglio identificato attore francese che lui non sopporta, e dopo aver tentato inutilmente di farmi capire di chi parlasse a forza di "massì, quello lì con quella faccia lì, quello lì!", salvo scoprire che quell'attore lì non recitava nel film. In compenso c'è Eric Cantona, che è sempre troppo divertente. Il film inizia con Simeon che trova un portafoglio e, grazie al documento, risale alla proprietaria e glielo riconsegna. La ragazza, Marie, ha appena troncato la relazione con Antoine (Cantona) e Simeon ne resta affascinato. Inizia così a pedinarla, arrivando a seguirla sull'isola di Groix, dove a breve arriveranno anche Antoine ed Oscar, coinquilino sonnambulo.
Molto piacevole.
SUNTAN di Argyris Papadimitropoulos
Kostis è un dottore di mezza età, scapolo e senza famiglia, che si trasferisce su un’isoletta dell’Egeo. Qui trascorre un inverno lungo e solitario, ma con l’arrivo dell’estate l’isola viene invasa da giovani turisti in cerca di divertimento. Rapito dall'edonismo che lo circonda, Kostis si innamora della bellissima Anna, lasciandosi trascinare in un vortice di feste, alcol e sesso. Ossessionato dall'oggetto del suo desiderio, dovrà a fare i conti con la maturità alle porte e la giovinezza, mai pienamente vissuta, che reclama ciò che non gli è stato concesso fino ad allora.
Kostis è un grandissimo e patetico pezzo di merda che, nel mio film, avrebbe dovuto morire tra atroci sofferenze. Purtroppo il film l'ha diretto Papadimitropoulos che, per rispettare lo standard a cui ci hanno abituato i film greci degli ultimi anni, fa anche lui un film disturbante. Peccato che il risultato sia lontano anni luce da quanto realizzato dai compatrioti Yorgos Lanthimos, Alexandros Avranas o Michalis Konstantatos e Suntan è sì un film disturbante, ma nel senso più dispregiativo del termine. Inutilmente ripetitivo e morboso. E lo dice una che non è propriamente un'orsolina.