…è un treno arrugginito
che mi riporti indietro
da dove son partito…
Giorni strani.
No, non è quella voglia di fare un cazzo che mi accompagna da un po’ di settimane. Né quella fame maiala che stamattina mi ha fatto fare colazione non con una, ma con due brioches. E senza nemmeno innestare il senso di colpa, che serve a poco.
Ieri sono pure riuscita a non litigare con mia madre. Vediamo quanto dura.
E’ che penso.
A quello che ho, che non è chissà che, ma c’è.
E a quello che non ho, e non è quello che non ho mai avuto, che quello, appunto, non mi manca. Penso a quello che non ho più.
E, a parte i 20 kg persi, che non mi mancano affatto, quando arriva l’estate penso ai week end in riviera con ex moroso. Ma quanto mi sono divertita? E, soprattutto, perchè non riesco più a divertirmi così? Quand'è che ho smesso?
Io che al venerdì sera lasciavo Torino, andavo a Milano (morosi vicini a casa mai, eh?), mi scartavetravo i maroni in tangenziale, arrivavo a casa sua, si cenava, si trombava, non sempre necessariamente in quest’ordine, anzi, a volte non si cenava nemmeno, e si partiva.
Destinazione casa sulla spiaggia.
E quando si arrivava, che fosse mezzanotte, o l’una, o le due, mica si andava a dormire. No. Perchè gli amici erano lì ad aspettarti. E si usciva. O si stava nel giardino della casa sulla spiaggia a bere. E il sabato mattina ci si svegliava (no, alt. IO mi svegliavo) e con la bicicletta andavo a Rimini, passando il ponte sul Marecchia, e poi San Giuliano, e poi il ponte di Tiberio (sì, anche quello attraversa il Marecchia, ma è un altro), al mercato. Ma facendo prima colazione da Dovesi, in piazza Tre Martiri. E poi, dopo il giro al mercato, tornavo a casa. E iniziavo a giocare a “prova a svegliare il moroso nel minor tempo possibile e senza fargli girare i maroni”. Avevo trovato un metodo infallibile, che non vi racconterò perchè siamo pur sempre in fascia protetta.
E poi spiaggia, spiaggia, spiaggia. Con Paolo il bagnino che non ci faceva pagare i lettini, che tanto quelli dell’ultima fila vicino al campo da beach volley non li voleva mai nessuno.
E ogni tanto a beach volley giocavo pure io. E solitamente andava a finire che litigavo col mio ammmore, e finiva che uscivo dal campo sfanculandolo. O perchè non gli avevo passato la palla, o perchè non avevo murato Fabione (attenzione: io son “alta” 1 e 60 senza l’ausilio del tacco 12, Fabione – che se è “one” vorrà pur dire qualcosa, no? – gioca a basket e sfiora i due metri, centimetro più centimetro meno. Cazzo muri?) o qualsiasi altra cosa che gli facesse perdere un punto, manco stessimo giocando la finale dei campionati mondiali.
Alla fine, siccome son stupida sì, ma nei limiti, ho smesso di giocare con lui. Che io non sopporto litigare nemmeno quando avrei un valido motivo, figuriamoi per una partita di beach volley.
E poi, quando in spiaggia non era rimasto più nessuno, si andava a fare il bagno. Non che fare il bagno nelle acque di quella parte dell’adriatico sia il massimo della vita, lo riconosco. Ma c’erano giorni in cui l’acqua aveva quasi il colore dell’acqua, l’avreste mai detto? Giuro, vista io! E all’epoca era già un pezzo che avevo smesso di drogarmi...
E poi in qualche modo si organizzava la sera. O erano cene in qualche locale, o erano grigliate in giardino, o erano piada e cassoni. E feste a Villa Verucchio, o alla darsena. O da qualunque altra parte. E la domenica si ricominciava, e si aspettava che facesse buio, e si partiva. E si cenava a Bologna, e si tornava a Milano. E poi, a Torino.
Ecco cosa mi manca.