Siamo atterrate sane e salve. Un po' di turbolenza dopo mezz'ora dal decollo, ma niente di che.
Ci hanno servito il pranzo, ho letto un po', ogni tanto sbirciavo sul pc del mio vicino (un gran bel pezzo di vicino, fra l'altro) che stava lavorando a un pezzo sulla storia del formaggio di capra in America. Poi siamo atterrate.
Sosta al bagno.
Prelievo al bancomat.
Fila al controllo passaporti smaltita velocemente, una boccata d'aria all'esterno giusto il tempo di fumarsi una sigaretta e rendersi conto della temperatura più che mite e poi di nuovo dentro, a prendere la metropolitana fino a Zeytinburnu, e da lì il tram T1 fino a Sirkeci. Costo del biglietto 6 lire turche. Nemmeno 3€.
Scese dal tram abbiamo cercato di capire dove eravamo (a Istanbul) e dove fosse il nostro hotel (a Istanbul anche lui) e in qualche modo (camminando) l'abbiamo raggiunto. Indenni. Se escludi il fatto che per strada ci hanno rivolto apprezzamenti di ogni. Qualcuno ha scomodato anche la Madonna. Non so se la signora Ciccone o l'altra. Ma preferisco non approfondire. Alla reception dell'hotel dopo averci chiesto - lo fanno sempre - se io e la bionda fossimo sorelle non so come non so perché, ma siamo finite a parlare di Vaticano e guardie svizzere. Poi finalmente ci hanno dato la camera. Il tempo di posare il bagaglio ed eravamo di nuovo in strada, a cercare un ristorante per la cena. Abbiamo scelto Pasazade, dove ho assaggiato il Terkib-i Çeşıdıye che sarebbe stufato di agnello marinato con mele, albicocche e miele, cucinato con mandorle, noci ed erbe fresche.
Ottimo.
Alla fine ho preso un caffè. Turco.
Secondo me passerò la notte a fissare il soffitto con gli occhi barrati che nemmeno il trattamento Ludovico.
Dopo cena abbiamo fatto due passi fino a Sultanahmet.
Domani abbiamo deciso che la nostra visita alla città partirà da lì.