13 feb 2015

Timbuktu

Timbuktu, facente parte della cinquina candidata ai prossimi oscar nella categoria "film straniero"  è uno di quei film che, se ti azzardi a parlarne male, rischi di essere guardata con un misto di disprezzo e commiserazione da chi ti legge (o ascolta), che penserà di te che sei, in ordine sparso a) una brutta persona, b) insensibile, c) che non capisce un cazzo e che, nei ritagli di tempo, si diverte a sparare sulla Croce Rossa rubando contemporaneamente le caramelle ai bambini. 
Quindi...
...ho deciso che correrò il rischio. 


Vedendo il trailer avevo pensato che fosse uno di quei film interessanti, di quelli che ti fanno pensare, incazzare, riflettere e indignare. E ci prova, sia chiaro, senza però riuscire completamente nel suo intento. Perché quello che ne esce è un abbozzo di quello che avrebbe potuto essere. 
In breve, Timbuktu è stata occupata da un gruppo di fondamentalisti islamici (non si sa esattamente da dove arrivino, ma è chiaro, viste anche le difficoltà di comunicazione che hanno nei dialoghi con la popolazione locale, che sono forestieri, e spesso, oltre a non riuscire a farsi capire dagli abitanti del paese, non si capiscono nemmeno tra loro) che hanno vietato qualunque cosa: fumare, ascoltare o fare musica, giocare a calcio, restare affacciati alle finestre o stare seduti davanti a casa, le donne devono coprirsi il capo, indossare i guanti e le calze. 
E, mentre nella città la popolazione è condizionata dai divieti crescenti, fuori dalla città, vicino alle rive del Niger, vive Kidane con la moglie Satima e l'amata figlia Toya, occupandosi serenamente della sua mandria di mucche. Quando durante il pascolo una di queste viene uccisa da un pescatore, Kidane vuole capire esattamente cosa sia successo, ma le cose precipitano, e per la famiglia di pastori è l'inizio della fine. 

Ma la storia di Kidane è solo una in questo semplice film corale, che può contare su una fotografia tanto nitida quanto ottima (diciamo che con gli scenari del Mali e gli scorci sul Niger al tramonto si vince facile) e su alcune scene sicuramente di grande impatto. Su tutte la partita di calcio giocata senza palla, davvero splendida, e la scena in cui una donna, accusata di aver cantato (in casa sua, mica nella piazza del mercato) nonostante fosse a conoscenza del divieto viene condannata a 40 frustate e, mentre la frustano, lei, piangendo dal dolore, inizia a cantare. 



Però.
Abderrahmane Sissako lascia troppe cose in sospeso, e altre non convincono totalmente. 
I rappresentanti della polizia islamica, che professano la jihad convinti ovviamente di essere nel giusto, nonostante l'imam del paese tenti di far capir loro che sbagliano, vengono ritratti come un branco di uomini semplicemente un po' coglioni, la "pazza" del paese, o la "strega", non si capisce, è libera di andarsene in giro a capo scoperto facendo un po' quello che le pare, da farti pensare che se sei pazzo vale tutto, una ragazza viene data in sposa contro la volontà della madre ma anche lì sembra finire tutto a tarallucci e vino, della donna che protesta perché non può vendere il pesce con i guanti non si sa più niente e tu non puoi far altro che osservare, pensando che questo era un film dal potenziale enorme, ma che, invece di farti bruciare di rabbia, ti intiepidisce appena. 
Peccato. 

20 commenti:

  1. Hm. A questi punti, se non riuscirò ad andare a vederlo amen, lo recupererò in futuro.

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    1. Sono uscita dalla sala un po' delusa, lo ammetto.

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  2. Condivido. Far passare quelli dell'Isis come dei patetici stronzi col mitra che manco rispettano i loro stessi divieti è sminuirne la pericolosità, la cattiveria, la devastante idiozia che li pervade, e quindi, secondo me, è quanto più pericoloso si possa fare. Inoltre il terribile fatalismo di alcuni protagonisti è irritante, non dico non sia reale, ma se neanche loro si incazzano, chi si dovrà incazzare per loro? E' un argomento complicato e io non ho i mezzi per affrontarlo con cognizione, ma il film non aiuta, anzi.

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    1. Il film è stati girato prima dell'avvento di quei pazzi furiosi dell'Isis, questi sono ignorantissimi fondamentalisti "ordinari", ma alla fine il risultato non cambia.

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    2. La bandiera nera sulla jeep mi aveva fatto pensare a loro, però, in effetti, pensare che esistano fanatici "migliori" o "peggiori" ci porterebbe ulteriormente fuori strada, un fanatico è un fanatico è un fanatico è un fanatico....

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  3. E' uno di quei film che vedrei solo per la candidatura sentendomi fin troppo "non" nei suoi confronti.
    Il fatto poi che lasci solo tiepidi non fa salire le sue quotazioni, ché tanto vederlo in sala da qualche parte nelle vicinanze è pura utopia con le Sfumature imperanti...

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    1. Il trailer purtroppo mi ha fatto pensare a qualcosa che poi si è un po' perso per strada. Un vero peccato, perché a mio parere aveva tutte le carte in regola per poter colpire forte.
      Invece sembra quasi ti voglia accarezzare per non fare troppo male.

      Torino può vantare 44 proiezioni giornaliere delle sfumature. E in città ci sono si e no 20 sale cinematografiche...

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    2. 44 esticazzi di grigio? gesussanto

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  4. Lo vedrò a breve.
    Spero di non rimanerne troppo deluso.

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    1. E' quello che sarebbe piaciuto anche a me.

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  5. Nonostante non ti abbia convinta da come lo descrivi sembra interessante, peccato comunque perché da quella categoria delle oscarate solitamente si pesca sempre rob(b)a interessante.

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    1. Oggi mi sono tarato sulla parola "interessante", capita.

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    2. Sul fatto che sia interessante (così rafforziamo il concetto) non c'è alcun dubbio. Ma - a mio parere, naturalmente - non riesce a centrare perfettamente il risultato...

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  6. Ho visto la locandina quando so o andato a vedere "Jupiter ascending", e prima di allora non l'avevo mai sentito nominare. Sono quindi una persona ancora peggiore di te XD
    Comunque, nonostante tutti i difetti che fai giustamente notare, sembra interessante.

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    1. Ma è sicuramente interessante, mostra una realtà (nonostante a me sia sembrata un po' troppo edulcorata) che non può essere ignorata.

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  7. capisco quello che hai scritto, però avendo visto anche altri suoi film mi sembra che quelli che per t sono difetti sono comuni a tutto il suo cinema, un cinema di attesa, non urlato, senza soluzioni.

    ps: ti ho citato nel mio post sul film

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    1. Grazie!

      Non ho visto nessun altro film di Sissako, ma ti credo quando dici che questo è il suo stile. Però da un film che vuole comunque essere di denuncia (almeno, credo) avrei apprezzato di più l'effetto "pugno nello stomaco".

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