1 nov 2013

L’etica di un popolo inizia dove finisce l’odio per la multa

Non so quanti di voi leggano Vanity Fair, sicuramente - trattandosi di un settimanale femminile - più femminucce che maschietti, ma, siccome sulla rivista ci scrive un sacco di bella gente, (Gabriele Romagnoli, Michele Serra, Pino Corrias, tanto per citare i primi tre che mi vengono in mente), volevo condividere con voi questo articolo (un gran bell'articolo) di Michele Serra. 
Buona lettura.


L’etica di un popolo inizia dove finisce l’odio per la multa
di Michele Serra
Il mercato coperto di piazza Wagner, a Milano, è un gran bel mercato. Ci vado quando capita, anche in memoria di una lunghissima frequentazione, almeno dalla metà degli anni Settanta. Che saranno anche stati di piombo, ma in piazza Wagner, con i miei compagni di liceo, si comperava una focaccia memorabile, leggerissima.
L’altro giorno ci sono passato quasi per caso. Il tempo di una piccola spesa e di qualche ricordo. Le quattro del pomeriggio, pochi clienti, buoni cibi bene esposti per sedurre lo sguardo, quell'atmosfera di indomita qualità che gli italiani riescono ancora, quasi misteriosamente, a opporre alla crisi che incalza. A un tratto qualcuno che corre. Un fremito di agitazione tra le botteghe e i banconi. Negozianti e clienti che si danno la voce: “Occhio, stanno facendo le multe!”. In parecchi corrono fuori per spostare la macchina o il furgone: sono decine i veicoli lasciati in divieto di sosta.
Il breve, concitato contrappunto dei commenti – peccato non averlo registrato – è un capolavoro di italianità, quanto le mozzarelle di bufala, le alici marinate, il profumo di salumi affettati. Si va dal classico “vaffanculo”, secco e irato, alla rimostranza più elaborata (“ma non hanno di meglio da fare?”), dal malumore politico indistinto (“se la smettessero di rubare, invece di fare le multe a noi che lavoriamo”) alla polemica più spicciola (“quel pirla del Pisapia”). Nel breve svolgersi della controffensiva – tutti fuori a spostare la macchina, o a dare spiegazioni al vigile perché abbia indulgenza – si dispiega ogni possibile umore dell’italiano di fronte alla legge: si va dal malanimo torvo all’allegra renitenza, dalla ribellione allo sfottò. Manca del tutto, nella pur ampia gamma delle reazioni, la sola che parrebbe congrua: la cognizione, cioè, che se un veicolo viene multato per divieto di sosta, in genere questo accade perché il veicolo è in divieto di sosta. Esiste, cioè, un rapporto di causa ed effetto tra un’infrazione e una punizione. Ma se questo rapporto non è del tutto chiaro, o addirittura non lo è affatto, ecco che prendere una multa diventa, in mezzo a quella brava gente, qualcosa di simile a un effetto sprovvisto di causa: qualcosa di esagerato e di persecutorio, di umiliante e di inspiegabile, il cui innesco è reso opaco, o del tutto occultato, da una specie di irremovibile rifiuto non tanto di questa o quella regola; ma dall'idea stessa che le regole abbiano una loro logica, una loro ragione, soprattutto una loro utilità. E in questo senso il fruttivendolo indignato perché multano per divieto di sosta il suo furgone in divieto di sosta riflette, pari pari, il famoso leader politico che avendo portato illegalmente capitali all'estero è stato condannato per avere portato illegalmente capitali all'estero.
Tornando in piazza Wagner: a Milano, magari, questo anteporre i propri comodi, o i propri interessi, agli impicci delle regole, ha una venatura più ”laburista” rispetto al resto del Paese. Dire “guardi che io sto lavorando”, a Milano, è una specie di passe-partout per il furgone in doppia fila, per il taxista che blocca la strada pur di non fermarsi venti metri più in la, per chiunque abbia fretta, e non lo si deve scocciare con questioni che esulano dal suo personale daffare: uno che ha appena scaricato quattro cassette di spigole e di polpi, per esempio, cosa vengono a rompergli le balle con il divieto di sosta? Ma è una variante locale, questa, di un tratto decisamente nazionale del carattere italiano. Provate a cliccare su Google “carattere italiano”: da Leopardi in poi, troverete una tale quantità di materiali letterari, storici, sociologici, filosofici, che vi servirebbe un mese filato per farvene un’idea. E un po’ di ansiolitici, alla fine, per non cadere in depressione, perché è quasi univoca, almeno da due secoli, l’idea che siamo un popolo sveglio, ma storicamente incapace di rapportarsi agli altri, alla società, a una comunità che non sia la sola riconosciuta, cioè la famiglia. Giacomo Leopardi, già nel 1824, distribuiva equamente tra le mediocrissime élite e il popolo il medesimo vizio: “Le classi superiori d’Italia sono le più ciniche di tutte le loro pari nelle altre nazioni. Il popolaccio italiano è il più cinico de’ popolacci… Unisce la vivacità naturale (maggiore assai di quella de’ francesi) all'indifferenza acquisita verso ogni cosa e al poco riguardo verso gli altri cagionato dalla mancanza di società”. Nel suo Apologo sull'onestà (1980), Italo Calvino definisce gli onesti coloro che “in un paese di gente con la coscienza a posto sono i soli a farsi sempre degli scrupoli, a chiedersi ogni momento che cosa avrebbero dovuto fare”. Etica, dunque, è chiedersi “ogni momento che cosa dovremmo fare”. Ho l’impressione che questa fatica, non poi così sovrumana, sia evitata anche per un equivoco del quale porta la colpa non solo il “popolaccio” leopardiano, ma anche i grandi moralisti che concionano con il dito alzato. Si dice “etica” e si pensa a grandi costruzioni filosofiche e politiche, a qualcosa che incute soggezione, come la Kultura, come tutto ciò che incombe sulla vita dei semplici, e la complica. Ma l’etica è essa stessa una cosa semplice, alla portata di chiunque abbia comprendonio, indipendentemente dal titolo di studio. L’etica è un abc. E’ domandarsi, appunto, se quello che stiamo facendo è giusto o ingiusto. Non ci vuole la laurea. E nemmeno essere in odore di santità, o di martirio.
Uno dei grandi scrittori civili italiani dei nostri anni, Ermanno Rea, mi disse un giorno: “C’è una sola via per battere la camorra: ridipingere per bene tutte le strisce pedonali di Napoli. Una città che ha tutte le strisce pedonali cancellate non può neanche cominciare a parlare di legalità”. Parafrasando: un popolo che non capisce perché esiste il codice della strada non può permettersi di affrontare nessun altro argomento. 

19 commenti:

  1. Ammetto di godere quotidianamente di amache serriane e, settimanalmente, delle sue satire preventive su L'Espresso e della sua posta sul Venerdi, sempre di Repubblica, mentre di Vanity Fair spulcio giusto quelli nella sale d'attesa dentistiche o dal parrucchiere (il mio è pure pour homme.. a crisi è crisi.. ), ma in questi casi rischi di trovarci anche il numero zero...
    Serra punta e sviscera sempre con grande chiarezza i mali quotidiani.. del resto, se un condannato al terzo grado di giudizio per frode fiscale può mettere su un altro partito e decidere per il Paese... mo' io non posso parcheggià 'ndo cacchio me pare?!

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    1. Michele Serra mi piace parecchio, sono d'accordo con te. Di quel condannato lì parlavo giusto ieri sera, perché, nella mia infinita ingenuità non riesco a concepire come le parole "condanna" e "definitiva" non abbiano alcun significato.

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  2. io ho smesso da anni di andare dal parrucchiere...

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  3. Posso dirlo? Questo articolo mi ha dato la malamattinata.
    In sè la reazione dei negozianti l'abbiamo vista tutti. Probabilmente più di una volta. Probabilmente tutti abbiamo cercato di evitare una multa cianciando con il vigile. Grazie a Dio però lì nei pressi non c'era Michele Serra a paragonare il nostro comportamento a quello Berlusconi che ha rubato tanti di quei soldi che manco si riescono a immaginare tutti insieme.
    La cosa più irritante è che Serra sembra vivere in un altro paese (ma questo sempre eh, mica solo in questo articolo). Parla con sarcasmo di come una regola bisogna rispettarla perché c'è tutta una armonica costruzione di regole e divieti.
    Ma quando mai. Ma dove avete vissuto fino ad ora? Il più delle volte lo Stato fa norme che non si possono rispettare perché conta di incassare una certa cifra attraverso le sanzioni.
    La verità è che spesso le regole intanto vengono fatte rispettare solo ai più deboli e ai più visibili. Per i potenti non valgono mai. E poi è anche vero che uno non si ferma in divieto di sosta perché gli và così specie se ha un'attività da condurre. Mi chiedo dove il comune abbia dislocato gli spazi per il carico/scarico delle merci ad esempio. Perché se questi non ci sono o non sono idonei la multa diventa un'ingiustizia eccome.
    Come quei semafori che venivano (vengono?) manomessi dalle amministrazioni pubbliche perché facessero scattare il rosso dopo pochi millesimi dal giallo per fare cassa su gente che già viene tartassata.
    E già me lo vedo Michele Serra il moralizzatore "siamo un popolo che passa col rosso!". Invero siamo un popolo con una classe politica da vomito capace solo di mettere tasse, gabelle e controlli opprimenti sulla testa di chiunque lavori onestamente. I disonesti ovviamente se ne fottono. E, mi spiace dirlo, ma queste penne tanto intelligenti non sono mai andate oltre la superficie delle cose, mai riuscite a capire che se una regola viene violata è perché probabilmente è costruita male o non ha senso. E mi fanno schifo tanto quanto i politici.
    Purtroppo poi Michele Serra cita Rea (ovviamente gli disse una cosa a tu per tu, erano in confidenza, bah) che invece il problema lo aveva ben presente. Se lo Stato non mette il popolo nelle condizioni base per la vita civile non c'è etica di cui parlare, non c'è altro da fare se non sopravvivere. Homo homini lupus mi disse una volta Thomas Hobbes mentre leggevo un suo scritto al liceo.
    Poi a livello di satira c'è appena stato il ministro Cancellieri che si mette a disposizione personalmente in una chiamata con i Ligresti per fare scarcerare un elemento di quella famiglia (accusato di atti comunque simili a quelli per cui è accusato Berlusconi). E rivendica la cosa come un atto umanitario, tipo i soccorsi che vanno a recuperare i naufraghi a largo di Lampedusa.
    Ma no dai, mi sembra meglio parlare di quanto siano brutti e cattivi i fruttivendoli che posteggiano il furgoncino in divieto. E non voglio pensare se dopo aver preso i 5 euro di borragine non avessero fatto uno scontrino! Apriti cielo, "popolo di evasori!". Invece su Vaticano, banche e assicurazioni che proprio grazie all'armonia delle norme non pagano IMU (o come si paga ora) come noi tutti niente eh. Lì c'è la norma che lo permette e quindi niente da dire.
    Un bacchettonesimo inaudito.
    Me ne vado al cimitero, sono dell'umore giusto.

    P.S. comunque se tanto mi da tanto io che ho difeso il comportamento dei fruttivendoli dovrei essere Genghini giusto? Mah.

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    1. Siamo di fronte a un cane che si morde la coda. Le regole ci sono, giuste o sbagliate che siano, e vanno (andrebbero) rispettate. Da chiunque. Dal fruttivendolo al Papa passando per il ministro Cancellieri. Pura utopia, ne sono perfettamente consapevole. Ma non certo per colpa di Michele Serra, con cui si può essere d'accordo, come nel mio caso, o dissentire, come nel tuo.

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    2. Lo stato siamo noi. E allora vuol dire che lo stato semplicemente è un riflesso del paese.....io infatti non ci vivo più da 10 anni in Italia.

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    3. Se regole ci sono, dal bollo sul passaporto, alle strisce, al rosso, vanno rispettate, anche se possono apparire bislacche.
      Io chiedo la fattura al barbiere, anche se lui mi tende subito la mano come a dirmi "ho fatto il mio lavoro, arrivederci". E, se anche la volta successiva mi mette in imbarazzo e mi obbliga a chiedergliela nuovamente, cambio barbiere.
      Non vedo perchè debba essere complice, sia di un piccolo evasore, che di uno grande (tipo quello che ha messo su un partito).
      Iniziamo a fare la nostra parte, e la classe politica verrà da sé, quale espressione del popolo che la elegge. Finchè ci comportiamo da bestie, sia lì su, che alle nostre latitudini più terrone, non potremo che avere amministratori... bestiali. Hai voglia a dire homo homini lupus... non mi pare una tattica vincente.

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  4. Articolo meraviglioso, da farne un manifesto!
    Grazie per averlo condiviso, farò altrettanto.
    :-)

    p.s.= non condivido la risposta sopra di pilloledicinema, mi sa un po' da "alibi", lo sapevo che qualcuno avrebbe tirato fuori l'esempio del fruttarolo "ehperòsenonglidailapossibilitàdelparcheggiodovelavoracosadevefare?". E poi dobbiamo cominciare a pensare che la nostra classe politica siamo noi, li abbiamo scelti noi. Di smetterla di lamentarsi che sono dei ladri e poi dimentico le scarpe in palestra e me le ciulano...

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    1. Cristina, grazie a te. :)
      Non condivido nemmeno io la difesa a oltranza del fruttivendolo, anche se riconosco che, non essendo purtroppo la legge uguale per tutti, vedere certi comportamenti da chi (teoricamente, a questo punto) dovrebbe dare l'esempio o almeno essere super partes possa dare davvero parecchio fastidio.

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  5. Ciao Poison. Articolo condivisibilissimo, che dà voce al mal di pancia che ci viene (perché viene, eccome) quando ci si rende conto che le regole valgono solo se, solo per, solo con. E non è che uno vorrebbe sentirsi esentato, no. Semplicemente vorrebbe non sentirsi fesso. Lo stesso vale per gli scontrini, per le esenzioni, per le detrazioni.

    Dovrebbe valere anche quando si parla di carceri e carcerati (e scusami se scivolo nell'attualità stretta), perché prima di pensare alle ragioni di stretta umanità e alla pluriennale amicizia con la famiglia Ligresti (ma non le è mai venuto il dubbio che certe frequentazioni nel suo ruolo e nei suoi incarichi forse suonano un po' stridenti?), forse la signora Severino avrebbe dovuto domandarsi se il signor Mario Bianchi, o Ahmed Inshallah nella medesima situazione avrebbero avuto uguale facilità di accesso ala sua benevolenza. E agire di conseguenza.

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    1. Scusa ho scritto Severino e pensavo Cancellieri

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    2. Ciao Sandali, tranquilla, era chiaro. Sulla cancellieri sono assolutamente d'accordo.
      E anche sul non sentirsi fessi. Anche se noi (generalizzo, ovvio che non si deve come è ovvio che non vale per tutti) abbiamo la propensione al voler far fessi gli altri, in qualunque ambito; cosa che appunto, porta a non comprendere per quale morivo devono multare me per divieto di sosta quando parcheggio in divieto di sosta invece di rimuovere (e dare fuoco) al suv del falso invalido parcheggiata nello spazio riservato ai disabili veri.

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  6. Grazie per aver postato questo articolo, che altrimenti mi sarebbe sfuggito. ho trovato la riflessione dell'autore molto interessante, purtroppo è vero che è diffuso in Italia il rapportarsi alle "multe" (in realtà son sanzioni amministrative) con questo atteggiamento... si diventa, nella maggior parte dei casi, quasi dei bambini (del tipo "A me si ed a quello no?eh?perchè?) e difficilmente si realizza quale è il disagio che si è creato agli altri parcheggiando in doppia fila, o dove è vietato , magari proprio perchè si restinge la carreggiata e si crea il traffico ecc ecc.
    Va anche detto, ad onor del vero, che andrebbe regolamentato meglio il sistema delle soste, nel caso in questione non sò se sono previsti dei posti adeguati per il carico\scarico , più che altro il problema credo sia per il parcheggio dei furgoni, visto che il carico\scarico serve - appunto - solo per caricare\scaricare , forse ci vorrebbero dei posti riservati agli operatori per sostare durante il mercato. Ovviamente se parliamo dell'esempio del mercato. Se parliamo di chi per fare la spesa pretende di parcheggiare fuori al negozio e quindi la mette in doppia fila , che tanto son solo cinque minuti... ecco, allora la metafora della società italiana è perfettamente calzante!
    ;)

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  7. Il solito moralismo da due lire al chilo di Serra. Coi saldi fuori stagione. Condivido molto di quello che ha scritto "Pilloledicinema", ma sarebbe discorso troppo lungo e devo andare al cimitero. Salut.

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  8. Premetto: io spero la municipale sparisca dalla faccia della terra. Una volta almeno i banditi avevano l'onestà di mascherarsi la faccia quando compivano i loro agguati, adesso invece chi ti sbuca da dietro l'angolo armato di autovelox? Anzi, nemmeno sbuca: rimane nascosto e si palesa per posta.
    Bene, chiarito questo punto il problema non è il mancato rispetto delle regole, ma nel mancato rispetto verso il prossimo. La maleducazione, l'arroganza, l'ignoranza e la prepotenza sono le uniche logiche comprensibili all'italiano che si pone alla guida, o più in generale quando si relaziona con il prossimo. Chi dovrebbe controllare agisce di conseguenza, se non peggio. Condivido anche io molto di quanto scritto da Pillole. Per risolverlo imporrei a tutti di guidare un passeggino e una sedia a rotelle per un paio d'anni, prima di ottenere la patente di guida.

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  9. Arrivo fuori tempo massimo, ma condivido ogni riga di Serra, confortata da alcune risposte gnègnègnè dei tuoi lettori, della serie se gli altri non rispettano le regole perché dovrei farlo io, e ma che sarà mai tanto loro rubbbano, eh, ma che sarà mai per uno scontrino ( e mille? e diecimila?), eh ma che sarà mai se sono passato col rosso pure quello prima di me è passato ma voi non l'avete preso gnègnègnè. Le regole valgono solo per gli altri. Chi ti chiude con la macchina è maledetto fino alle settima generazione, se chiudi tu uno è che vuoi che sia per 5 minuti. Iniziare da noi stessi, senza giustificarci sempre, sarebbe un buon inizio.

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    1. Ovvio che condivido pure io, che te lo dico a fare? :)

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